martedì 15 settembre 2015

Capitolo 17 di THE SHADOWS di J.R. Ward



Capitolo 17



Trez si trovava in un angolo della stanza d'ospedale di Selena, e si sentiva... merda, completamente con le spalle al muro.

Non voleva essere arrabbiato con la femmina. Per l'amor del cielo, era quasi morta di fronte a lui.

«Cosa c'è?» chiese lei. «A cosa stai pensando?»

La buona notizia era che lui aveva osservato, negli ultimi venti minuti o giù di lì, come avesse ripreso il suo colorito, come i suoi occhi adesso fossero acuti, come il suo corpo, sebbene ancora rigido, fosse molto più vicino alla normalità.

La cattiva notizia era quella sua piccola dissertazione riguardo alla natura della sua dipendenza dal sesso, e con il fatto che stava cercando di comportarsi bene con lei, era una storia che non voleva proprio sentire. E pregò Dio affinché lei lasciasse cadere l'argomento.

«Selena, credo che tu abbia bisogno di riposare.»

«Non provare a distrarmi, Trez.»

Trez si passò la mano sulla testa. Avrebbe voluto avere i capelli lunghi fino al culo come Wrath giusto per avere qualcosa da tirare. «Guarda, non mi va di discutere con te.»

«Allora dimmi che mi sbaglio. Anche se non credo. Ma di' qualcosa. Qualunque cosa.»

Trez fece una smorfia e scosse la testa. «Adesso devo andare e-»

«Trez-»

«No, non ne parleremo.»

«Perché? Se avessimo un migliaio di notti, cosa vuoi che sia una conversazione imbarazzante.»

«Questo è molto più che imbarazzante, tesoro.» Dio, poteva sentire la rudezza nella sua stessa voce. L'incalzare del suo corpo. «Sì, credo che tornerò-»

«Sarà ancora qui quando ritornerai.» Lei fece un cenno con la mano tra di loro, e per un istante, fu così maledettamente grato per il movimento che dimenticò di cosa stavano parlando. «Lo stare distanti non aiuterà quello che c'è tra di noi.»

Il suo cuore cominciò a battere. Come se lui avesse paura o qualche stronzata simile.

Ma non era quello che stava accadendo.

Davvero. Per niente.

«Cosa vuoi che dica?» mormorò lui. «Dammi le parole e il tono e lo farò. Farò qualunque cosa purché questo discorso si chiuda.»

«Cosa non mi stai dicendo?»

«Niente.»

Una lunga pausa. «Va bene» concluse lei, sconfitta.

Oh, perfetto. Quello lo faceva sentire davvero mooooolto meglio.

Come avevano fatto a percorrere la distanza dal sollievo ,alla sua sopravvivenza, a tutta questa tensione così in fretta?

Non aveva intenzione di dirle la novità dalla s'Hisbe. Selena aveva abbastanza preoccupazioni di suo e lui non voleva aggiungere anche che, da un momento all'altro, il boia della Regina sarebbe arrivato per metterlo in catene e trascinarlo di nuovo al Territorio.

«Selena, ascolta...» Trez scosse la testa. «Sono imbarazzato per quello che ho fatto con tutti quelle umane? Assolutamente sì. Ho dei rimpianti? In ogni istante della giornata. Se credo di essere corrotto? Secondo la mia cultura, sono completamente rovinato. Ma è necessario che tu sappia  che, a volte, una troia è solo una troia. Una puttana non è nulla più di una puttana. Mi è stata data un'opportunità e non ho saputo sfruttarla diversamente.»

Trez distolse lo sguardo, seguendo le assi del pavimento con gli occhi.

Il silenzio si fece più forte di un urlo.

«Credo che tu abbia ragione» constatò lei.

Trez sospirò di sollievo. Grazie a Dio se la sta bevendo-

«Hai bisogno di andartene.»

«Che cosa?»

«Fino a quando non sarai onesto, penso che tu abbia bisogno di stare lontano. Perché o stai mentendo a te stesso, o stai mentendo a me. In entrambi i casi, è necessario - come direbbero i Fratelli - che tu rimetta ordine tra la tua merda.»

Trez scosse la testa. «Già. Cavoli. Non me ne ero accorto.»

«Neanche io.»

«D'accordo. Allora. Okay.»

Quando lei si limitò a fissarlo, nella stanza venne risucchiata via tutta l'aria. Almeno per quanto lo riguardava.

Trez si schiarì la gola. «Cazzo... allora me ne vado.»

Lui preferì uscire dalla porta che conduceva nel corridoio piuttosto che correre il rischio di incrociare la dottoressa Jane ed Ehlena in quella stanza visite.

Già, come se sentisse il bisogno di avere un pubblico. Grazie al cielo iAm se n'era andato a controllare lo shAdoWs, l'Iron Mask e il Sal. In quel momento suo fratello era l'ultima persona che voleva intorno.

Muovendosi in fretta, proseguì lungo il corridoio e si fermò davanti alla porta a vetri dell'ufficio. Quando non sentì alcuna voce, Trez sbirciò all'interno. Vuoto.

Bene.

Attraversò l'armadio delle scorte e uscì nel tunnel senza intoppi, e corse giù lungo la scalinata. Inserì i codici. 
Eseguì i passaggi. La porta sotto le scale venne aperta senza alcun rumore.

Il ronzio di un aspirapolvere in funzione nella biblioteca non era una sorpresa. Ma la mancanza di Fratelli in giro per la magione sì. Normalmente, a quell'ora della notte, quelli che erano di riposo si rilassavano nella sala da biliardo, guardando la TV, giocando a biliardo e bevendo quel che capitava.

Approfittò della situazione da città-fantasma e si diresse al bar. Non appena si avvicinò al ripiano superiore, Trez si fermò un momento per considerare le sue opzioni e infine ha scelse una Woodford Reserve. E la Grey Goose. E una bottiglia di chardonnay che se ne stava lì, a temperatura ambiente, sul bancone di granito.

Come se davvero gliene fottesse un cazzo di quello che beveva.

Salire l'immenso scalone fu una sciocchezza, e non fu sorpreso di trovare lo studio del Re vuoto perché Wrath trascorreva la maggior parte delle sue notti a incontrare i civili. Svoltando verso la galleria delle statue, superò il pavimento di marmo e aprì la porta delle scale che lo avrebbero condotto al terzo piano.

Le camere dalla suite della Famiglia Reale erano nascoste dietro a una porta blindata, ma la sua stanza e quella del fratello erano in bella vista, solo due normali porte affiancate.

Nonostante la discussione con Selena, lui non aveva intenzione di correre al Commodore. Voleva trovarsi sul posto qualora lei...

Già.

Chiudendosi a chiave in camera, poggiò i suoi tre nuovi migliori amici sul comodino e accese la lampada. Le tende di velluto erano tirate e le lasciò in quel modo mentre si avviava in bagno, sparpagliando i vestiti lungo il tragitto. Con una manovella del soffione, aprì l'acqua e fece attenzione a lasciare le luci spente.

Non aveva motivo di incontrare i propri occhi nello specchio.

Aspettò che tutte le superfici si appannassero con il vapore prima di entrare nella enclave di marmo. Aveva una quantità più che sufficiente di cose che lo mettevano a disagio, grazie tante.

Sapone - ovunque. Risciacquo - ovunque. Shampoo - sulla testa, seguito dal balsamo. Rasoio - lungo la mascella, il mento, le guance.

Poi venne il momento di liberarsi dell'asciugamano e ficcarsi nudo nel letto.

Si mise sotto le coperte per abitudine, il suo cervello che controllava meticolosamente tutta quella confusione mentale, solo la pratica comune lo guidava verso un luogo e una situazione in cui poteva ubriacarsi orizzontalmente.

Svitò il tappo della Grey Goose, ne ingollò una buona sorsata e digrignò i molari non appena il fuoco gli attraversò la gola e gli incendiò il ventre come il Fenway Park (lo stadio di Boston che ospita la squadra di baseball dei Red Sox).

Come avrebbe detto V.

Come diavolo aveva fatto a concludere la notte in quel modo?


*    *    *



iAm non aveva intenzione di perdere tempo allo shAdoWs, all'Iron Mask o al Sal. Fanculo. C'era personale a sufficienza e più che competente in tutti e tre per occuparsi degli affari. Aveva appena detto a suo fratello quella menzogna perché non voleva che Trez andasse ancora di più fuori di testa.

Materializzandosi sulla terrazza del loro appartamento, iAm diede un'occhiata all'orologio e poi entrò. Passando da un ambiente all'altro, accese alcune luci, controllò il frigorifero, anche se sapeva che non c'era granché, e curiosò nei pensili.

Non mangiava da... dalla sera prima al Sal, in effetti. E non si nutriva da... merda, non sapeva più da quanto tempo.

Probabilmente avrebbe dovuto occuparsene, ma come sempre, nutriva poco interesse per una vena. Non che non apprezzasse e rispettasse l'Eletta che aveva servito lui e suo fratello. A lui non piaceva tutta l'intera faccenda del succhiare dai polsi di qualcuno che era un estraneo.

Già, già, il dovere, qualunque cosa fosse.

Suppose di essere molto più Ombroso di suo fratello.

Nella loro cultura, qualunque cosa di fisico come quella era considerata sacra. Il che era uno schifo, perché la necessità biologica lo costringeva a nutrirsi probabilmente sei volte l'anno, e ogni volta che lo faceva, era un esercizio di autodisciplina - e non perché volesse scoparsi chiunque si prestasse alla pratica.

Lui era, a scapito della sua maturità, ancora vergine.

Incolpava il celibato per quello schifo con Trez e gli insegnamenti e le tradizioni della sua specie, che a volte lui stesso si sentiva di prendere un po' troooooppo seriamente-

Accidenti. Si sentiva talmente ferito che stava parlando da solo.

Di merda che conosceva già.

Il che non era nemmeno interessante.

Gironzolò per l'appartamento. Guardò l'orologio di nuovo e poi guardò il terrazzo. Dove cazzo era -

«Sei tu?»

iAm si voltò alla voce maschile che veniva dalle camere da letto. A grandi passi lungo il corridoio, imbracciò la sua calibro 40, ma visto il tono della voce non sarebbe dovuto essere un problema.

E infatti, non appena svoltò l'angolo in quella che era stata la sua stanza, trovò s'Ex steso sul letto, le lenzuola ammucchiate attorno al suo corpo nudo, una bottiglia doppio formato di Ciroc accoccolata tra le braccia come fosse un neonato.

«Pensavo fossi in lutto» esclamò iAm, mettendo da parte la pistola.

«Lo sono.» s'Ex sollevò la bottiglia mezza vuota. «Questo è il mio Kleenex.»

«La Regina non richiede la tua presenza sul Territorio?»

«Non proprio.» Il maschio attraversò l'aria con un gesto secco della mano. «Troppo imbarazzante. Vado bene per scopare a porte chiuse, ma sotto il sole? Non va per niente bene. Naturalmente, tutto sarebbe stato perdonato se le carte fossero state giuste. Ma non è così.»

iAm si appoggiò allo stipite della porta e incrociò le braccia. «Per quanto tempo hai stato qui?»

«Da quando te ne sei andato - era la notte scorsa? C'è bisogno di più di liquori qui. Quando puoi portarli? E voglio un po' femmine.»

Il primo istinto di iAm era quello di dire al tizio di andare a farsi fottere. Naturalmente. Ma aveva bisogno di qualcosa dal bastardo.

«Posso fare in modo che accada» disse.

s'Ex chiuse gli occhi e ruotò il bacino sotto le lenzuola. «Quando.»

«Prima devi fare qualcosa per me.»

Quelle palpebre si sollevarono lentamente, un luccichio negli occhi neri. «Non è così che funziona.»

«Al momento attuale, sì.»

«Vaffanculo.»

«Vaffanculo tu.» iAm tenne lo sguardo fermo. «Ho bisogno di entrare a palazzo.»

s'Ex chiuse la bocca. Poi sollevò l'enorme busto in verticale, le coperte scivolarono giù, raccogliendosi alla vita. Nella luce proveniente dal bagno, i tatuaggi che coprivano ogni centimetro della sua carne brillavano come simboli fluorescenti contro la pelle scura.

«Non è quello che pensavo avresti detto» mormorò. «Non senza una pistola alla testa.»

«Quello che mi serve da te è la garanzia di venirne fuori.»

«Quindi hai intenzione di rubare qualcosa.»

«Voglio solo l'accesso alla biblioteca.»

«C'è un sacco di lettura ricreativa qui fuori nel mondo umano.»

«E ho bisogno di andarci adesso.»

s'Ex lo fissò per un po'. E poi sbadigliò come un leone, le grandi zanne balenarono dalla mascella spalancata.

«Ora» sbottò iAm.

«Il palazzo è chiuso per lutto.»

«Tu sei uscito.»

s'Ex emise un suono vago. «Che tipo di informazioni stai cercando?»

«Non è rilevante per i tuoi scopi.»

«Col cazzo che non lo è.»

«Guarda, ho bisogno di andarci adesso e devo tornare prima dell'alba. Questa è un'emergenza. Non ti sto chiedendo l'impossibile.»

s'Ex aggrottò la fronte. «Come ho già detto, il palazzo è chiuso.»

«Allora mi farai entrare di nascosto.»

«Perché cazzo pensi che ti aiuterò?»

iAm sorrise freddamente. «Fammi entrare e uscire e fotterai per bene quella tua Regina.»

«La nostra. E se voglio scoparmela, non devo fare altro che scivolare nel suo letto.»

«Pensi ancora di poterlo fare adesso?»

«Non farti un'idea romantica di me» esclamò s'Ex cupo.

iAm si strinse nelle spalle. «Come ti pare. La conclusione è che non avrai più Trez a quel punto. Devo cercare di aiutarlo.»

Se Selena fosse morta? Lo avrebbero perso tutti. Merda, tutto quello che iAm doveva fare era pensare a suo fratello che schizzava fuori da quella sala visite, di corsa nel corridoio con una pistola alla tempia, pronto a premere il grilletto.

s'Ex lo fissò più a lungo. «Che diamine sta succedendo?»

«Te lo renderò più chiaro. I tuoi interessi e i miei sono gli stessi. Io non voglio mio fratello morto e nemmeno tu. Combatteremo contro quello che gli sta accadendo alla fine di tutto questo, ma adesso? Hai bisogno di me per fargli superare una certa crisi.»

«Definisci crisi

iAm distolse lo sguardo. «Qualcuno che gli è vicino è malato.»

«Però non si tratta di lui.»

«No.»

«Tu?»

«Ti sembro malato?» iAm incontrò di nuovo gli occhi del boia. «Guarda, sia tu che io abbiamo un problema di gestione con lui. Pensi che mi piaccia fidarmi di te? Se ci fosse una qualsiasi altra opzione, la prenderei. Ma come tu sai in prima persona, bisogna fare i conti con ciò che la vita ti dà. E io ho bisogno di entrare in quella maledetta biblioteca.»

La s'Hisbe aveva lunghi e illustri trascorsi come guaritori. E poiché le Ombre erano, come i symphath, un ramo evolutivo dei vampiri, sembrerebbe logico pensare che questa malattia definita l'Arresto potesse essersi palesata a un certo punto nel passato della sua razza - se così fosse, di sicuro era in quella biblioteca.

Se fossero stati fortunati, i guaritori potrebbero avere trovato un qualche tipo di trattamento - a quel punto, il secondo passo sarebbe stato l'estesa camera blindata farmaceutica della s'Hisbe. Le Ombre erano state capaci di sintetizzare farmaci da piante e materiale animale per secoli, titolando tutti i tipi di composti per affrontare malattie e disturbi - e come con la tenuta dei registri, i guaritori erano meticolosi circa i loro tentativi e studi.

La sua gente aveva portato il razionalismo nella medicina molto prima che gli umani respingessero il misticismo e abbracciassero il pensiero scientifico.

Forse c'era speranza. Doveva scoprirlo.

«Non voglio fare affidamento su di te» disse iAm con voce rude. «Ma devo. Proprio come tu farai questa cosa per me se vuoi avere la possibilità che Trez obbedisca. Sarà morto nel giro di un'ora se quella femmina muore.»

«Femmina?» Quando iAm tacque, s'Ex imprecò. «Voi due siete proprio due enormi rompicoglioni, lo sai?»

«Provo la stessa cosa per te e la tua Regina.»

«La nostra. Sei un membro della s'Hisbe, non importa dove hai scelto di vivere.»

Ovviamente, era stata una stronzata totale quella su Trez che tornava al Territorio e che obbediva a quella sua carta astrologica. Non sarebbe mai accaduto. Ma iAm doveva usare qualsiasi leva a disposizione, e probabilmente s'Ex abbastanza era abbastanza ubriaco da non guardare troppo da vicino la motivazione che aveva adotto.

E sai cosa? Aveva funzionato.

Con un'imprecazione, l'enorme maschio allontanò le coperte e si alzò in piedi - e per un momento, iAm si soffermò su quei tatuaggi. Cristo. La carne del boia era coperta dalla gola alle caviglie, da spalla a polso, da simboli bianchi, gli unici posti in cui la pelle era pulita erano il ​​volto, il cazzo e le palle. Persino iAm ne fu impressionato. L'"inchiostro" era in realtà un veleno che scoloriva la pelle. La maggior parte dei maschi si vantava di sopportare il dolore e l'infezione dovuta a un piccolo simbolo delle loro famiglie sulla spalla o il nome della propria compagna sul cuore.

Il fatto che s'Ex avesse vissuto tutto ciò era la conferma visibile che lui era un duro. O uno psicopatico masochista.

Lasciando che il tizio si vestisse, iAm andò nella zona giorno. Quando si avvicinò alle porte scorrevoli di vetro, lasciò scivolare lo sguardo sul paesaggio notturno di Caldwell: l'illuminazione punteggiata distribuita in modo casuale nei grattacieli, le linee gemelle del rosso dei fanali posteriori e del bianco dei fari che abbracciavano le curve del fiume Hudson, uno o due aerei che lampeggiavano ben sopra l'orizzonte.

Dentro e fuori, si disse. Ecco come doveva essere.


E se davvero esisteva un Dio, iAm sarebbe riuscito a  trovare qualcosa che avrebbe aiutato Selena.