mercoledì 25 giugno 2014

Capitolo 12 di THE KING di J.R. Ward


The King

12


La galleria d'arte Benloise si trovava nel centro di Caldwell, a circa dieci isolati dai grattacieli e a soltanto due dalle rive del fiume Hudson. L'edificio semplice e dimesso constava di tre piani, con una doppia altezza per la galleria al primo piano, gli uffici del personale sul retro e il corridoio tipo pista da bowling che conduceva all'ufficio di Benloise proprio sotto il tetto piatto.

Mentre Assail parcheggiava la sua Range Rover nel vicolo posteriore della galleria, respirò a fondo. Non si era fatto di cocaina prima di uscire da casa perché voleva essere lucido. Sfortunatamente, il suo corpo era agitato a causa della mancanza di eccitazione e una fissazione da tossico lo colpì riguardo a ciò che non aveva fatto per incasinarsi la mente.

"Vuoi che veniamo con te?" domandò Ehric dal sedile posteriore.

"Solo uno di voi."

Assail scese dall'auto e attese che decidessero chi doveva accompagnarlo. Dannazione, gli tremavano le mani, malgrado non fosse caduta ancora un'altra spruzzata di nevischio, lui stava cominciando a sudare.

Avrebbe dovuto farsi una tirata di coca? Era prossimo ad appendersi il cartello Fuori Servizio sul petto.
Fu Ehric a unirsi a lui, aggirando il SUV dal retro. "Cosa ti affligge?"

"Niente."

Una bugia in moltissimi sensi.

Mentre si avvicinavano alla porta sul retro, Assail si arrese. Mise la mano nel taschino del suo cappotto Tom Ford e tirò fuori la fiala marrone scuro. Svitò il tappo nero, riempì il cucchiaino interno con la polvere bianca.

Sniff.

Ripeté il gesto all'altra narice e poi prese una singola sniffata doppia per assicurarsi che tutto fosse a posto.

Il fatto che entrò subito in modalità "normale" era un altro segnale d'avvertimento che lui scelse d'ignorare. Dopo due tiri non avrebbe dovuto sentirsi calmo e concentrato - ma non avrebbe sprecato tempo a pensarci. Alcune persone si facevano di caffè. Altri con diversi prodotti a base di coca.

Riguardava tutto il fare la tua mossa.

Quando arrivò a una pesante porta d'acciaio - che era una misura di sicurezza mascherata da una testimonianza sull'industrializzazione del mercato dell'arte - non c'era motivo di suonare alcun campanello e sicuramente non doveva bussare. Quella mostruosità spessa quasi otto centimetri non era qualcosa su cui si voleva perder tempo a prendere a cazzotti.

E naturalmente, venne aperta in fretta.

"Assail? Che fai?" chiese l'uomo di Neanderthal all'altro lato.

Che stimolante comando e che perfetta grammatica inglese. E anche l'accoglienza ricevuta gli diceva che Benloise e i suoi uomini non erano a conoscenza di chi avesse effettuato quegli omicidi a West Point la notte precedente - altrimenti si supponeva che questo mostro d'intelligenza non si sarebbe comportato in quel modo.

Le maschere nere che avevano indossato erano state un equipaggiamento davvero utile. E disabilitare le telecamere di sicurezza una manovra fondamentale.

Assail sorrise senza mostrare le zanne. "Ho qualcosa da dare al tuo datore di lavoro."

"Lui aspetta te?"

"Non mi sta aspettando, no."

"Okay. Andiamo."

"Questo è il mio socio, comunque," mormorò Assail mentre entrava nella zona degli uffici. "Ehric."

"Già. Capito. Andiamo."

Attraversando lo spazio aperto dall'alto soffitto, i loro passi sul pavimento liscio rimbombavano tra le tubature esposte e i cablaggi sulle loro teste. Quando si parla di disordine organizzato. Una fila di scrivanie funzionali, un mucchio di armadietti e pezzi casuali di "arte" fuori misura soffocati in quello spazio immenso. Nessun dipendente. Nessun telefono che squillava. La facciata legittima del grossista di stupefacenti Benloise chiudeva appena faceva buio.

Come previsto.

Una volta fuori allo spazio adibito alla galleria d'arte, Assail si guardò velocemente intorno mentre la guardia che li aveva fatti entrare scompariva attraverso una porta nascosta al secondo piano.

C'erano due tizi di vedetta al corridoio che conduceva all'ufficio di Benloise.

Assail guardò gli uomini. I loro sguardi erano acuti come al solito, il peso del loro corpo si spostava senza sosta, le mani in continuo movimento come se sentissero la necessità di assicurarsi che erano armati.

"Magnifica serata, non è vero?" commentò Assail, facendo un breve cenno a Ehric.

Mentre le guardie s'immobilizzavano, suo cugino ne approfittò per andare in bagno, il vampiro gironzolò intorno a un'esposizione di pezzi di giornale modellati a forma di diversi simboli fallici.

"Un po' fredda, naturalmente. Ma le spruzzate di neve sono piuttosto pittoresche." Assail sorrise e tirò fuori un Cubano. "Posso accenderlo?"

Quello a destra indicò la tabella laminata contro il muro. "Vietato fumare."

"Sicuramente ci sarà un'eccezione nel mio caso." Assail tagliò la punta del sigaro e la lasciò cadere a terra. "Vero?"

Il tizio con gli occhi color fango guardò in basso. Poi alzò lo sguardo. "Vietato fumare."

"Non c'è nessuno, ci siamo solo noi." Assail tirò fuori l'accendino. L'aprì.

"Non puoi fare niente di quello."

Forse Benloise li sceglieva apposta con delle carenze grammaticali? "Mentre salgo le scale, allora?"

Il genio guardò il suo collega. Poi strinse le spalle. "Credo che va bene."

Assail sorrise di nuovo e fece guizzare una fiamma. "Fammi entrare, allora."

Accadde tutto velocemente. Quello che parlava ruotò il torso e aprì il lucchetto che chiudeva la porta - mentre, nello stesso istante, l'altro decise di stiracchiarsi, piegando le braccia.

Ehric gli si materializzò direttamente alle spalle, mise entrambe le mani ai lati del suo volto stupito e gli spezzò il collo. Per non essere da meno, Assail si fece avanti col coltello che aveva preventivamente estratto dal fodero sulla coscia, colpì all'addome la guardia che faceva rispettare le regole. La mossa successiva fu far sparire l'accendino e mettere una mano sulla bocca dell'uomo - zittendo il gemito che minacciava di tradirli.

Per terminare, liberò la lama con uno strattone e si fece di nuovo avanti.

La seconda pugnalata colpì l'uomo tra due costole, direttamente sul cuore.

La guardia scivolò a terra lentamente.

"Di' a tuo fratello di tenere pronta la Rover," sussurrò Assail. "E porta questo fuori dai piedi. Tra un minuto o due si dissanguerà e quel rantolo è udibile."

Ehric entrò in modalità pulizia, afferrò quelle spesse caviglie e tirò il moribondo dietro a uno degli espositori verticali.

Nel frattempo, Assail salì la scala nascosta e si accese il sigaro, esalando nuvole di fumo mentre spostava la mano della guardia a cui avevano spezzato il collo in modo che la porta restasse spalancata. Ehric si unì a lui un istante dopo, accettò un nuovo cubano e lo accese mentre lasciavano chiudere tutto alle spalle.

L'esperto in lingue che era andato a controllare Benloise si affacciò dalla ringhiera in alto. "Che fai?"

Quindi quella frase era sia un saluto che una domanda. Qualcuno doveva annotarsela, pensò Assail.

Lui soffiò fuori una scia azzurra e indicò le porte chiuse. "Hanno detto che non potevamo fumare nella galleria."

"Non potete fumare neanche qui." L'uomo si guardò dietro la spalla come se qualcuno l'avesse chiamato. "Sì. Okay." 

Si voltò di nuovo. "Dice che sarà qui un minuto."

"Credo che ti faremo compagnia, allora."

La guardia del corpo non era al massimo quella sera, vero? Invece di controllare la situazione, si strinse nelle spalle e permise al suo nemico di avvicinarsi a lui, al suo capo.

Che regalo.

Di solito Assail si prendeva il suo tempo, ma non questa sera. Lui e Ehric salirono in fretta le rampe metalliche a passo svelto.

Era a metà strada dal suo obiettivo quando si rese conto di aver commesso un errore. Probabilmente a causa della cocaina. C'erano delle video camere in tutto l'interno della struttura - eppure lui non se ne era preoccupato.

"Più in fretta," sibilò Assail a suo cugino.

Quando raggiunse l'ultimo livello, Assail fece un inchino alla guardia. "Dove vuoi che lo metta?"

"Che cazzo ne so. Quello non doveva dirti di accenderlo."

"Oh, bene, allora."

Ehric si smaterializzò un'altra volta e apparve dietro alla guardia. Con uno scatto, gli coprì la bocca e lo strattonò all'indietro.

Presentando ad Assail il perfetto bersaglio vivente.

Con una mossa violenta, gli tagliò la gola con la lama in fretta e con facilità, come un colpo di tosse. E poi fu la volta di trascinarne un altro fuori dai piedi.

Assail si fece largo fino alla porta dell'ufficio e la spalancò. Alla fine dell'ampio spazio, Benloise sedeva da solo dietro alla sua moderna scrivania in rilievo, il bagliore della lampada al suo fianco illuminava i suoi lineamenti che rivaleggiavano coi migliori ritratti di Goya.

"... sto venendo a nord adesso -" Benloise tacque immediatamente e l'espressione sul viso divenne impassibile. "Permettimi di richiamarti."

Il grossista di stupefacenti di Caldwell chiuse così in fretta la comunicazione che la cornetta sbatté contro il supporto. "Credevo di averti detto di aspettare, Assail."

"Davvero?" Assail diede un'occhiata oltre la propria spalla. "Forse dovresti essere più chiaro coi tuoi subordinati. Anche se, lo sa Dio, quanto sia difficile provare dipendenti in gamba, non è vero?"

L'elegante piccolo uomo sedeva su quella sedia tipo trono con la sua espressione immutata. Il completo su misura di quella sera era in color blu scuro che esaltava la sua abbronzatura permanente e gli occhi scuri, e come sempre, i capelli radi erano pettinati all'indietro, mostrando la sua calvizie incipiente. Si poteva sentire l'odore della sua acqua di colonia dall'altra parte dell'ufficio.

"Mi scuso per metterti fretta," disse il gentiluomo con quel suo accento educato da non-sono-uno-spacciatore. "Ma ho un altro appuntamento."

"Mi spiacerebbe moltissimo trattenerti."

"Di cosa hai bisogno?"

Assail annuì una volta e bastò solo quello. Ehric si materializzò dietro la scrivania rialzata e sollevò il grossista da quella sedia prendendolo per la testa. Un colpo di Taser e Benloise divenne una marionetta senza fili in un magnifico completo blu scuro.

Mentre suo cugino si caricava l'uomo sulla spalla come un bravo vigile del fuoco, non si scambiarono alcuna parola. Non ne avevano motivo - l'avevano pianificato in anticipo: l'infiltrazione, la messa in sicurezza, la rimozione.

Naturalmente, sarebbe stato molto più piacevole organizzare un confronto stile film Hollywoodiano in cui Assail rispondeva alla domanda del grossista al fine di scivolare su particolari brutali.

Non se volevi prendere il tuo uomo e tenertelo.

Con Ehric alle sue calcagna, Assail cominciò a correre, attraverso il lucido pavimento nero dell'ufficio e scese le scale velocemente. Quando arrivarono nella galleria, ci fu un istante di pausa, un veloce controllo riguardo a eventuali rumori per un imminente confronto.

Niente. Solo il sordo ansimare della guardia moribonda e l'odore ramato del sangue della sua ferita all'addome.

Attraversarono la porta del personale ed entrarono nell'area uffici. Superarono tutte quelle scrivanie e la scultura mobile sospesa fatta di pezzi di auto demolite.

La Range Rover era parcheggiava talmente vicino all'uscita sul retro che praticamente era nell'edificio e, con mosse sicure, Assail aprì la portiera posteriore e Ehric spinse dentro Benloise come fosse un borsone. Poi fu tutto uno slam, slam, screech.

Se ne andarono e viaggiarono al limite della velocità consentita, Assail seduto sul sedile anteriore del passeggero, Ehric dietro col loro carico.

Assail controllò l'orologio. In totale erano trascorsi undici minuti e trentadue secondi e avevano ancora un buon numero di ore prima che sorgesse il sole.

Ehric tirò fuori delle manette e le assicurò ai polsi del "commerciante d'arte". Giusto nel caso si dovesse svegliare il figlio di puttana a suon di ceffoni.

Quando gli occhi di Benloise si aprirono, l'uomo sobbalzò come si trovasse in un brutto sogno.

Col tono cupo, Assail infine rispose alla domanda che gli era stata posta. "Hai qualcosa che mi appartiene. E me la renderai prima dell'alba - oppure ti farò desiderare di non essere mai nato."


*    *    *


Mezz'ora dopo l'epico confronto con suo marito, Beth era seduta sul sedile posteriore della Mercedes S600 della Confraternita col suo fratellastro di fianco e Fritz dietro il volante. La berlina era appena uscita dalla fabbrica, l'aria era piena del meraviglioso odore di pelle nuova e vernice come aromaterapia per gente ricca.

Peccato che quella bontà olfattiva non facesse assolutamente nulla per migliorare il suo umore.

Mentre lei guardava attraverso i finestrini oscurati, la discesa dalla montagna innevata verso la strada battuta fino alla sua base sembrò andare al rallentatore - probabilmente a causa della colonna sonora che accompagnava il viaggio, che avrebbe dovuto essere Vivaldi o Mozart secondo la filosofia delle auto commerciali, che era quell'intossicante partita di tennis rappresentata dalla conversazione con Wrath.

Merda. Il suo hellren era sempre stato dispotico - e poi, quello non aveva nulla a che vedere con la sua posizione nella vita. Fanculo la corona, era la sua personalità. E nell'ultimo paio d'anni, l'aveva visto comportarsi in quel modo in innumerevoli situazioni, sia che riguardasse i Fratelli, la glymera, il personale di servizio - diamine, il telecomando del televisore. Ma con lei, era sempre stato... beh, non condiscendente. Mai. Lei aveva sempre avuto la sensazione che si rimettesse alle sue decisioni. Qualsiasi cosa lei volesse, quando le andava - e Dio salvasse lo sciocco che gli si metteva tra i piedi.

Per cui sì, Beth aveva creduto che la faccenda del bambino sarebbe stata la stessa cosa - che lui avrebbe ceduto, visto quanto era importante per lei avere un bambino.

Invece? Era l'esatto contrario -

Un lieve tocco al suo gomito le ricordò due cose: Uno, non era da sola nell'immenso sedile posteriore di quella berlina. E due, non era l'unica persona ad avere problemi.
"Mi dispiace," disse lei mentre abbassava le mani che non si era accorta di portare al viso. " Sono stata scortese, non è vero?"

Stai bene? chiese John con le mani nell'abitacolo cupo.

"Oh, sì, assolutamente." Lei batté su quella spalla massiccia, sapendo che tutta la storia delle crisi gli doveva pesare parecchio. Il viaggio in città, la risonanza magnetica, i risultati che sarebbero seguiti. "Più importante è come stai tu?"

Credo che la dottoressa Jane sia riuscita a risolvere tutto al centro medico.

"Già." Beth dovette scuotere la testa, la sua gratitudine nei confronti di Jane e il suo amico umano, Manny Manello, la lasciava senza parole. "Quei due sono fantastici. La cura della salute umana è costosa e difficile da governare. Come siano riusciti quei due a sistemare tutto, non ne ho la più pallida idea."

Personalmente credo che sia una perdita di tempo. John si voltò. Voglio dire, andiamo! Ho questi episodi da quanto tempo? Non se n'è mai capita la ragione.

"È meglio dare una controllata."

Il telefono di John risuonò con un bing! e lui andò al display per vedere chi fosse. È Xhex.

"È arrivata anche lei?"

. John esalò un veloce respiro. Tutta questa cosa dell'essere accompagnato in auto è ridicola. Sarei potuto arrivare in un attimo.

"Sì, ma se tu fossi un semplice essere umano, saresti venuto in auto. È più facile credere a una grossa bugia, sai."

Meglio ancora, avremmo potuto evitare questa stronzata. Lui fece una piccola risata. Devo dirtelo, mi spiace per chiunque incontrerà Xhex all'ingresso. È pronta a spazzar via l'intero complesso ospedaliero - e quando si sente così? Non ti va di dirle di no.

Il rispetto che brillava nei suoi occhi la ferì. Considerato il modo il cui si era comportato Wrath.

"Xhex è una femmina fortunata," disse Beth bruscamente.

È il contrario. Fidati - perché mi stai guardando così?

"Così come?"

Lui parve arrossire. Come se stessi per piangere.

Beth minimizzò.  "Allergia. In questo periodo dell'anno ho sempre gli occhi che lacrimano. Magari comprerò del Claritin quando usciremo stasera."

A dicembre? Sul serio?

Fu il suo turno di distogliere lo sguardo mentre Fritz aumentava la velocità sulla strada di campagna. Rallentò in una curva. Riaccelerò una volta arrivati dall'altro lato. 

La Mercedes era confortevole su qualsiasi terreno, i sedili ultra imbottiti assorbivano i movimenti del suo corpo, un lieve tepore le arrivava ai piedi.

Avrebbero dovuto inserire la didascalia "Ambien Edition" su quella macchina.

Anche se, nessun effetto ninna nanna proposto dalla Benz avrebbe funzionato su di lei.

Aveva la sensazione che non avrebbe dormito fino a che lei e Wrath non avessero risolto la questione - o...

Un altro colpetto sul suo braccio. Lo sai, puoi parlare di tutto con me.

Beth si spostò i capelli sulla schiena... ma li riportò sulle spalle.  Cosa diavolo avrebbe risolto? C'erano talmente tante possibilità - ma John ne aveva già abbastanza di suo.

Beth. Dico sul serio.

"Che ne dici se risolviamo questo tuo problema e -"

Mi darà qualcos'altro a cui pensare e potrei cominciare adesso.

Quando lei non rispose, lui mosse le mani, Andiamo, per favore. Sono preoccupato per te.

"Sei un vero amore, lo sai?"

E tu non parlerai, vero?

Beth tacque per un momento. Di fronte a loro, apparve un cartello per la Northway , la scritta "Interstatale 87" brillava alla luce dei fari. Se avessero proseguito invece di prendere la prima delle uscite per il cento di Caldwell, sarebbero arrivati a Manhattan in un'ora. Ancora oltre verso sud c'era la Pennsylvania, poi il Maryland e...

"Hai mai desiderato fuggire qualche volta?" Beth sentì la sua stessa voce porre quella domanda.

Prima che arrivasse Xhex? Certo. Ma adesso...

Dio, pensare che era proprio Wrath quello da cui voleva scappare. Non l'avrebbe mai immaginato.

Che sta succedendo, Beth?

Ci fu un altro lungo silenzio, durante il quale lei sapeva che John sperava che riuscisse a mettere insieme sostantivi e verbi per facilitargli la comprensione.

"Oh, sai, è solo un problema matrimoniale."

Lui scosse la testa. Ci sono passato. È uno schifo.

"Giustissimo."

Infine lui disse con le mani, Puoi usare la casa di Darius, se vuoi. Se hai bisogno di un posto dove startene un po' da sola. Lo hai dato a me, il che è magnifico - ma ho sempre pensato che per metà era anche tuo.

Beth si figurò davanti agli occhi la magione in stile federale nel profondo del territorio umano, e sentì un bruciore al petto. "Ti ringrazio, ma è tutto a posto."

E anche se non lo fosse stato, l'ultimo posto sulla Terra dove avrebbe voluto andare era in cui lei e Wrath si erano innamorati.

A volte i bei ricordi erano più difficili da sopportare di quelli brutti.

Puoi almeno darmi un'idea? La mia testa sta andando in ogni direzione.

Ci volevano ancora quindici, venti minuti per arrivare al complesso ospedaliero del St. Francis. Era un tempo lunghissimo per un silenzio imbarazzante. Eppure le sembrava una violazione della privacy sua e di Wrath parlare della storia del bambino... o forse quella era solo una scusa per nascondere un eventuale scoppio in lacrime.

"Ricordi qualcosa delle tue crisi. Voglio dire, mentre eri incosciente?"

Pensavo stessimo parlando di te.

"È quello che stiamo facendo." Quando lui si voltò nella sua direzione, Beth incontrò i suoi occhi. "Mi stavi dicendo qualcosa. Più o meno a metà dell'attacco, mi hai guardata... e mi dicevi qualcosa. Ricordi cos'era?"

John aggrottò la fronte come se stesse cercando qualcosa attraverso i suoi vuoti di memoria,  lo sguardo vitreo. 
Non ci riesco... io... ho salito le scale, ho guardato nello studio di Wrath, ti ho vista... e poi Xhex mi ha portato nella nostra stanza, solo allora ho ripreso coscienza.

"Dicono che hai parlato nell'Antico Idioma."

John scosse la testa. Non è possibile. Voglio dire, so leggerlo e riesco a capirne un po' se qualcuno comunica con me. Ma non so parlarlo.

Beth ispezionò la fine dei suoi capelli, anche se sapeva di non avere doppie punte; una delle doggen glieli aveva pareggiati la settimana precedente.

"Beh, a ogni modo, c'è qualcosa che vuoi dirmi?" Lei guardò altrove. "Puoi essere onesto e dirmi qualunque cosa. Wrath ha, tipo, una dozzina di Fratelli. Io ho solo te."

John aggrottò di nuovo la fronte. No, io -

Un improvviso tremore colpì le sue mani, bloccando qualunque cosa stesse provando a dire coi segni - poi sbatté contro lo schienale e il corpo s'irrigidì.

"John!" Beth allungò una mano verso suo fratello. "John - oh mio Dio..."

Gli si capovolsero i bulbi oculari, mostrando solo il bianco della sclera come se stesse per morire. "John - torna indietro...!"

Scattando in avanti, Beth batté contro il divisorio. "Fritz!"
Quando il maggiordomo abbassò il vetro oscurato, lei abbaiò, "Corri - sta avendo un altro attacco!"

Gli occhi scioccati di Fritz andarono allo specchietto retrovisore. "Sì, padrona. Immediatamente!"

Il vecchio maggiordomo diede gas e quando la Mercedes sfrecciò lungo la rampa d'ingresso della Northway, lei provò ad aiutare John. La crisi gli aveva fatto perdere i sensi, la schiena era rigida e inflessibile come uno scovolo, le mani al petto e le dita strette ad artiglio come se fosse Dracula.


"John," lo supplicò con voce rotta. "Resta con me, John..."

6 commenti:

  1. grazie mille christiana ti voglio bene aspetto con ansia ogni tua traduzione sei favolosa.

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  2. Ma quindi non ho capito, tu ogni mercoledì pubblichi un capitolo? Comunque grazie, sei fantastica!

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  3. Che ansia! Aspettare fino a quando? Quant'e' bello The King ! - grazie Chris sei una grande - baci Adele

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  4. Salve a tutte, ragazze. Sì, pubblico un capitolo a settimana il mercoledì. Ormai è un appuntamento fisso che ho con le consorelle da Lover at Last e, come sempre, grazie a voi.

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  5. Grazie CHRIS ....ma poi oltre alla traduzione perfetta che ci regali ogni settimana...cosa sta preparando la tua fervida penna.?...baci (marianna)

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  6. Grazie Chris per il nuovo capitolo ... che la vergine Scriba ti mantenga in salute!

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