The King
4
"Okay, che cos'abbiamo qui...?"
La domanda è più cosa non abbiamo, pensò Beth chinandosi nello scomparto del frigorifero dedicato esclusivamente al gelato.
Era venuto fuori che alle donne
incinte piacevano quelle dolcezze fredde. Okay, a Layla, l'Eletta incinta
piacevano - e Beth seguiva il suo stesso programma, ogni notte da... quanto
tempo era passato da quando la femmina era entrata nel suo bisogno?
Dio, il tempo volava.
E mentre contava i giorni, era ben
conscia che non stava pensando a Layla. Ciò che veramente stava contando erano le ore aveva trascorso in quella stanza, seduta accanto a... sperando che per
una volta la storiella delle vecchie mogli fosse vera.
Non andava a trovarla per
gentilezza nei confronti di una coinquilina o come amica.
No. Sebbene perché diavolo
pensasse che lei e Wrath avessero bisogno di un bambino nel bel mezzo di quella
tragedia era un mistero. Eppure, Madre Natura l'aveva costretta a prendere una
certa svolta e non c'era modo di tornare indietro, non aveva alcun senso,
nessun motivo per andare di fretta.
Non che ne avesse discusso con
Wrath ultimamente.
Come se non avesse abbastanza casini di suo. Ma andiamo, se
fosse stata capace di dare avvio al proprio bisogno...
Lei voleva solo poter tenere un
pezzo di sé e Wrath insieme - e più le cose si facevano pericolose con la Banda
dei Bastardi, più il suo disperato bisogno aumentava.
In qualche modo, era il più triste
dei commenti su ciò che stavano vivendo.
Almeno qualcosa di lui sarebbe
sopravvissuta se la Banda dei Bastardi fosse riuscita a ucciderlo -
L'ondata di dolore che l'investì a quel
pensiero fu talmente forte che si accasciò contro il frigorifero e le ci volle
un po' prima che potesse tornare a concentrarsi sull'abbondante fornitura di
Breyers, Ben & Jerry's, Häagen-Dazs e Klondike.
Molto meglio stressarsi per la
scelta del gusto da mangiare. Layla prendeva sempre la vaniglia - era l'unico
che riuscisse a tenere. Ma Beth non aveva quel problema, e grazie al famigerato
appetito di Rhage, c'erano, tipo, millemila possibilità di scelta.
E mentre cercava l'ispirazione, capì
che il dilemma era un qualcosa che veniva direttamente della sua infanzia, una
moderna eco dei giorni in cui avrebbe stretto nel palmo della mano uno di quei
dollari guadagnati col sudore della fronte, si sarebbe fatta quasi un
chilometro a piedi per arrivare da Mac Grocery e aspettare venti minuti per
avere la solita coppa al cioccolato Hershey's Dixie.
Buffo, ancora ricordava quanto il
locale profumasse di quelle dolcezze sui coni che Mac faceva a mano. E il
registratore di cassa, quello antiquato con la manovella.
E prima di uscire, Mac le avrebbe
sempre dato un cucchiaino di plastica rosso, un tovagliolo e un sorriso -
assieme ai venti centesimi di resto.
Mac era stato carinissimo con gli
orfani che vivevano al Nostra Signora. E c'erano state anche parecchie persone
che erano state gentili con lei e gli altri ragazzi che erano indesiderati o sfortunati.
"Menta con scaglie di
cioccolato," disse, chinandosi all'interno e allungando un braccio fino al
fondo.
Quando salì una folata d'aria
fredda, si fermò per farsi sommergere dalla frescura. "Oh, sì..."
Anche se era il maledetto mese di dicembre,
si ritrovava a desiderare il freddo, la pelle d'oca, il restringimento dei pori
sul viso, il fruscio all'interno del naso a causa della secchezza.
Di sicuro tutto quel sesso la
teneva ancora su di giri.
A occhi chiusi, ritornò a quando
Wrath l'aveva fatta sdraiare sul pavimento e le aveva strappato via i vestiti.
Era stato così perfetto. Proprio quello di cui avevano bisogno.
Anche se odiava come si sentiva
adesso.
Lui era così dannatamente lontano,
anche se il suo corpo era al piano superiore in quello studio.
E forse quello era un altro motivo
per cui voleva un bambino.
Torna a concentrarti, torna a
concentrarti. "Vaniglia, vaniglia... dove sei?"
Quando capì che la vaniglia era
dispersa in azione, dovette accontentarsi di un tris da due chili inquinato da
fragola e cioccolato. Non un grosso problema. Con un'estrazione chirurgica, sarebbe
stata capace di portare a termine il lavoro senza lasciare alcuna
contaminazione offensiva nella scodella di Layla.
Lasciando la dispensa per entrare
in cucina, il dolce e casereccio profumo di cipolle e funghi saltati in padella
aromatizzati con basilico e origano fu una vera delizia per il suo naso. Ma
quell'ambrosia non era per l'Ultimo Pasto e non c'era un doggen alla pentola del sugo.
No. Era di nuovo iAm. Il che,
considerando il fatto che pareva cucinasse quando era sotto stress, stava a
significare che la vita di qualcun altro stava andando a rotoli.
L'Ombra e suo fratello erano gli
ultimi arrivati nella magione della Confraternita, e come proprietario e capo
chef dell'ultra vecchia scuola del ristorante da Salvatore, iAm aveva mostrato
più di una volta le sue capacità con le linguine - sebbene non si poteva dire
che Fritz apprezzasse che il tale tirasse fuori tutte quelle pentole giganti:
come al solito il maggiordomo gironzolava a bordo campo, come se stesse per
venirgli un infarto perché uno degli ospiti stava cucinando.
"Che profumo delizioso,"
disse Beth poggiando il contenitore sul ripiano in granito della penisola.
Non aveva avuto modo di prendere
ciotole e cucchiai.
Fritz entrò subito in azione, aprendo mobili e cassetti - e
lei non se la sentì di dirgli di non servirla.
"Allora cos'è stavolta?"
chiese all'Ombra.
"Bolognese." iAm aprì un altro contenitore di spezie, e
pareva conoscere l'esatta quantità da aggiungere senza l'ausilio di un
misurino.
Incontrando i suoi occhi neri dal
taglio a mandorla, Beth tirò più su il collo del dolcevita per nascondere i
segni dei morsi. Non che sembrasse importargliene, in ogni caso. "Dov'è
tuo fratello?"
"Di sopra," fu la
risposta secca.
Ah. Un argomento delicato.
"Beh, credo che ci vedremo per l'Ultimo Pasto?"
"Ho un appuntamento, ma c'è
abbastanza agnello per tutti voi, o almeno così mi pare d'aver sentito."
"Oh, pensavo stessi cucinando
per -"
"È una cosa terapeutica,"
disse ripulendo il cucchiaio di legno contro il bordo della pentola. "È
l'unica ragione per cui Fritz mi lascia usare la cucina."
Beth parlò sottovoce. "Credevo
avessi qualche potere speciale su di lui."
"Credimi, se li avessi, li
userei." Abbassò la fiamma sotto la pentola. "Scusami. Devo andare a
controllare come sta Trez."
"È ferito?"
"Puoi dirlo forte." Fece
un veloce inchino e uscì dalla stanza. "A dopo."
Sulla sua scia, l'aria sembrò
cambiare, le molecole nella cucina si calmarono come se il suo pessimo umore le
avesse elettrificate. Strano, ma le piacevano quei due: non era niente male
avere un'altra coppia di ottimi assassini in casa.
"Padrona, credo di avere tutto
ciò che ti occorre." Il maggiordomo si presentò con tutto il necessario
per estrarre dal recipiente della Breyers su un vassoio d'argento. "Per te
e l'Eletta."
"Oh, Fritz, che carino - ma,
in realtà, ho bisogno di una sola scodella. Mangerò il mio direttamente dal recipiente
per quanto sia di cattivo gusto. Ma potrei usare una - grazie." Sorrise
quando il maggiordomo le porse una paletta. "Leggi nella mente?"
Il doggen arrossì, il volto rugoso e segnato dal tempo si aprì in un
sorriso. "No, padrona. Tuttavia, a volte riesco ad anticipare le
intenzioni."
Aprendo il coperchio del
contenitore del triplo gusto, inserì la paletta facendo attenzione a prendere
solo la vaniglia. "Provaci quanto vuoi."
Quando lui arrossì e chinò gli
occhi già bassi, avrebbe voluto abbracciarlo. Ma l'ultima volta che l'aveva
fatto, era quasi svenuto per la sconvenienza. I doggen vivevano secondo un rigido codice di comportamento, e
sebbene il loro più amorevole desiderio fosse quello di servire al meglio, non
sapevano gestirlo quando venivano elogiati.
E iAm l'aveva già stressato
abbastanza.
"Sei sicura che non possa
preparare le porzioni?" chiese il maggiordomo ansiosamente.
"Sai che mi piace farlo da
sola."
"Posso portare il vassoio per
te, allora?"
"No, faccio io." Quando
sembrò pronto a implodere, Beth terminò di riempire la scodella di Layla e
disse con noncuranza, "Ti spiacerebbe mettere a posto il gelato al posto
mio?"
"Sì, con piacere, padrona. E
la paletta. Mi occuperò io di ogni cosa."
Quando se ne andò come un ladro di
banca col malloppo, lei scosse la testa, prese il vassoio e si diresse nella
sala da pranzo. Uscendo dall'altro capo del foyer, dovette fermarsi a dare
un'occhiata. Anche se aveva visto quella superficie da tre piani ogni notte
negli ultimi due anni, lo sconvolgente spazio dava ancora la sensazione di
entrare in un mondo diverso: dal suo fogliame d'oro al luccicante pavimento a
mosaico, dal soffitto affrescato ad
altezza inimmaginabile alle colonne in marmo e malachite, era tutto pura magia.
E pura regalità.
Infatti l'intera magione era un
capolavoro, ogni spazio nella casa suscitava un nuovo tipo di stupore ispirato
dal lusso, una diversa gamma di colori che rasentava la perfezione in ogni
stanza.
Sicuramente non aveva mai vissuto
in quel modo prima che Wrath entrasse nella sua vita - o che se lo aspettasse.
Oh Signore, ricordava ancora la prima volta quando entrambi si erano trasferiti
lì. Mano nella mano, avevano erano passati attraverso le ali e i piani, dalle
catacombe nel seminterrato all'attico. Quante stanze c'erano? Aveva perso il
conto a cinquanta.
Follia, pura follia.
E pensare che era stata l'unica
eredità di suo padre. E i soldi... c'erano stati anche un mucchio di soldi.
Al punto che, anche se li aveva
divisi in parti uguali con John Matthew dopo tutto quello che era accaduto
nelle loro vite? Non aveva scalfito l'ammontare nonostante il fratellastro ne
avesse avuti milioni e milioni.
Assolutamente folle.
Superando la raffigurazione del
melo in fioritura, salì sulle scale rivestite dal tappeto rosso e puntò al
secondo piano. Da orfana per tutta la vita, era stato un shock scoprire che il
padre era stato a conoscenza della sua esistenza, che aveva vegliato su lei, che
aveva provveduto alle sue esigenze. Ma da tutto quel che aveva sentito, Darius
era proprio così. Non si era mai sottratto a un dovere.
Dio, avrebbe voluto conoscerlo.
Specialmente in quel momento.
Quando raggiunse la fine della
rampa, trovò le porte dello studio aperte, e il suo uomo era là, dove odiava
essere - chino su chilometri di documenti scritti in Braille, le enormi spalle
che riempivano la maggior parte del trono intagliato, le talentuose dita che
scorrevano su ogni riga, le sopracciglia in un'unica linea dietro gli occhiali
a mascherina -
Sia il suo uomo che George, l'amato
cane guida, si voltarono nella sua direzione quando riconobbero l'odore.
"Leelan," disse Wrath espirando.
Con uno scatto, il golden retriever
si sollevò dalla sua posizione accucciata sul pavimento, la coda scodinzolante,
le guance arricciate in un sorriso che lo fece starnutire.
Era l'unica a cui sorrideva -
sebbene, per quanto l'amasse, non lasciava mai il fianco di Wrath.
Poggiando il vassoio d'argento col
gelato sul tavolo nel corridoio, entrò nella stanza salutando Saxton con un
cenno della mano, che era al suo solito posto su uno dei divani azzurri alla
francese. "Come stanno i maschi col lavoro più impegnativo del
pianeta?"
Il legale specializzato in Vecchie
Leggi scattò in piedi dalla propria pila di scartoffie e fece un inchino, il
suo ottimo completo su misura si adattò al movimento con estrema facilità.
"Stai benissimo."
Sì, beh, se non era una carineria quella.
"Grazie." Beth girò
attorno all'enorme scrivania e prese il viso del marito tra le mani.
"Ciao."
"Sono felice che tu sia
qui," disse in un sospiro - come se non si vedessero da anni.
Chinandosi per baciargli la bocca,
Beth sapeva che lui aveva chiuso gli occhi anche se non riusciva a vederlo
dietro le lenti scure.
E poi toccò al cane.
"Come stai, George?" Proprio
come a suo marito, diede un bacio sul quel muso morbido. "Ti stai
occupando del nostro Re?"
Lo sbuffo e il thud-thud-thud della coda che batteva contro il fianco del trono
era il più grande, enorme sì che avesse mai sentito.
"A cosa stanno lavorando i
ragazzi?" chiese mentre Wrath se la faceva sedere in grembo e le
accarezzava la schiena.
Era così strano. Prima di
conoscerlo, odiava tutto quell'affettuoso contatto fisico, tutta la roba
stucchevole fatta di teneri abbracci tra coppie. Ma sai cosa? La situazione era
cambiata.
"Sono solo petizioni."
Leggi tra le righe: stronzate a cui preferirei dare fuoco invece di averci a
che fare.
"E ce ne sono ancora due
dozzine." Saxton si stirò il braccio destro come se gli facesse male.
"E poi ci sono le risoluzioni dei dibattiti e gli annunci di nascita e
morte."
Wrath lasciò cadere la testa
all'indietro. "Continuo a pensare che ci sia un modo migliore per
occuparsene. Odio farti fare da segretario, Saxton."
Il maschio fece spallucce e prese
il suo blocco per gli appunti. "Non mi spiace per nulla. Qualunque cosa
pur di portare a termine il lavoro."
"Riguardo a questo, cosa c'è
dopo?"
Saxton tirò fuori un pezzo di carta
da un raccoglitore. "Bene. Quindi questo gentiluomo vuole prendere
un'altra shellan -"
Beth ruotò gli occhi. "Cioè,
una cosa tipo il reality Sister Wives,
edizione vampirica?"
"È legittimo." Saxton
scosse la testa. "Anche se, francamente, da maschio omosessuale, già non
capisco perché qualcuno debba volerne una, ancor meno un'altra - oh, ma non
intendevo te, mia regina. Tu sei l'unica per la quale farei un'eccezione."
"Attento a te, avvocato,"
ringhiò Wrath.
"Sto scherzando,"
rispose.
Beth sorrise nel notare quanto
fossero a proprio agio l'uno con l'altro. "Aspetta, quindi questa cosa
delle due mogli è comune?"
Saxton sollevò elegantemente una
spalla. "Era più usuale quando il numero della popolazione era più alto.
Ora siamo più limitati in tutto: matrimoni, nascite, morti."
Wrath avvicinò le labbra al suo
orecchio. "Puoi rimanere con me per il mio momento di pausa?"
Una mossa dei fianchi suggerì che
il suo cervello aveva fatto un'inversione a U nel territorio orizzontale. O
verticale - Dio solo sapeva se era abbastanza forte da tenerla sollevata dal
pavimento per tutto il tempo che voleva.
Quando Beth sentì che cominciava a
scaldarsi... pensò al gelato che aveva lasciato nel corridoio. "Puoi darmi
un'ora? Devo -"
Un forte schianto dal secondo piano
fece voltare le teste di tutti.
"Che cazzo è stato?"
disse Wrath a denti stretti.
* * *
In quel vicolo al centro della
città, Xcor si accovacciò e coprì la ferita d'arma da fuoco mentre tutto
attorno a lui risuonavano gli spari e lo stridio di gomme annunciò l'arrivo di
altri membri della banda.
Copertura. Aveva bisogno di una
copertura - in quell'istante. A
questi umani non importava di lui, ma la loro potenza di fuoco era spessa come un
acquazzone e tanto imprevedibile e indiscriminata come una carica di tori in
fuga.
Saltando all'indietro, appoggiò il
corpo contro l'edificio, e il dolore nella spalla lo lasciò senza fiato. Ma non
aveva tempo per soffermarcisi. Guardò a sinistra... a destra...
Tutto ciò che vide fu una porta a
meno di cinque metri, così si lasciò cadere a terra e rotolò fin lì, estraendo
la pistola. Sparando due colpi alla serratura d'acciaio, calciò forte il
pannello e scivolò nell'oscurità interna.
L'aria era fetida... e dolce.
Disgustosamente dolce. Come il
marciume della morte.
Putrida... come un lesser.
Mentre si chiudeva all'interno, fuori
continuavano a risuonare gli spari, e non ci sarebbe voluto molto prima che le
sirene della polizia iniziassero a suonare. La domanda era, quanti morti,
quanti feriti, e qualcuno di quelli lì fuori avrebbe cercato riparo là dentro?
Ahimè, quelle sciocche domande non
avrebbero avuto risposta una volta capito perché quel luogo puzzava come il
nemico.
Tirò fuori la torcia a stilo e
illuminò il pavimento sporco poi attorno a sé. La cucina industriale era stata
chiaramente abbandonata, le ragnatele pendevano dalla cappa sopra il piano
cottura e dalle rastrelliere vuote sui banconi... la polvere aveva ricoperto ogni
superficie... e i detriti derivanti da uno spostamento frettoloso ingombravano
il passaggio fino alla porta.
Partendo dai propri piedi, Xcor fece
una panoramica con ampi cerchi di luce. Secchielli rovesciati che una volta
contenevano porzioni industriali di salse e yoghurt ostruivano la zona di
preparazione, tubetti senza tappo ancora pieni di mostarda e ketchup ormai
solidificati dal tanto tempo trascorso tra il marcire e la mummificazione.
Più
in profondità, dei vassoi allineati nella lavastoviglie industriale arrugginita
ospitavano un cucchiaio vagante o una forchetta, e la cristalleria, opaca e mezza
rotta, attendeva che un nastro fantasma la facesse ruotare nel macchinario.
Facendo scricchiolare sotto i piedi
i resti dei piatti di porcellana bianca, seguì l'odore che aveva attirato la
sua attenzione.
La Lessening Society era formata da
umani reclutati per la guerra contro i vampiri, smidollati liberati dalla loro condizione
pietosa dall'Omega - il cui effetto collaterale era un tanfo permanente che
somigliava alla carcassa di un cervo morto da due giorni e al latte cagliato.
Si poteva sempre scovare il nemico
grazie al proprio naso...
La cella frigorifera della cucina
era nell'angolo più lontano, la porta simile a quelle di una prigione era
spalancata e l'interno era un altro ammasso nero di Dio solo sapeva cosa.
Quando si allungò per prendere il
chiavistello, la sua pelle diventò bianca sotto il fascio di luce della torcia
a stilo, e lo scricchiolio che si sentì mentre si faceva strada fu così forte
che gli ronzarono le orecchie. La folle corsa di piccole zampette indicò che i
topi fuggivano al suo arrivo, e li sentì passare sopra gli stivali da
combattimento.
La puzza era tale da fargli
lacrimare gli occhi.
Lasciò entrare prima la luce.
Ed eccolo là.
Sospeso al centro della cella, appeso
a un gancio al retro del collo, un maschio umano imitava in maniera eccellente
un bovino.
Almeno, Xcor presumeva fosse un
maschio, dai pantaloni e la giacca di pelle. L'identificazione facciale era
impossibile: i topi lo stavano mangiando dalla testa in giù grazie alla catena
che lo teneva sospeso sul pavimento, come se fosse un'autostrada diretta verso un
pasto fragrante. Quindi tragicamente non si trattava del suo nemico, ma di un
cadavere.
Che delusione. Ci aveva sperato.
Invece erano soltanto altri umani -
Il rumore di uno schianto di
qualcosa che cadeva nell'oscurità gli fece spegnere la torcia e i sensi gli si
acuirono in allerta.
Anche con la puzza del suo amico
incravattato al gancio da macellaio, l'odore ramato di sangue fresco precedette
chiunque ci fosse. Così come il gemito per la ferita.
Ahhh. Qualcuno si era fatto la bua.
Il dimenarsi continuò mentre le
sirene annunciavano l'arrivo della polizia di Caldwell - ma i suoni erano
ovattati, il che indicava che il nuovo arrivato aveva avuto la presenza di
spirito di chiuderli dentro.
"Cazzo!"
Il visitatore aveva spedito alcuni
di quei contenitori di plastica vuoti in giro mentre correva verso il bancone.
Poi ci furono altre imprecazioni. Un ringhio soffocato come se si stesse
sdraiando sul ripiano d'acciaio inossidabile. Poi un profondo ansimare.
Perdendo la pazienza nei confronti
dell'intera tragedia, Xcor entrò nella cella frigorifera. A differenza del
membro ferito della banda di teppisti, lui aveva un'idea della disposizione
della stanza e si avvicinò al tizio grazie all'udito e al ricordo di dove fosse
l'isola centrale.
Tuttavia sarebbe stato tutto più
semplice se avesse potuto vedere. A parte gli ovvi benefici dell'orientamento,
non gli piaceva quella sensazione di assenza di gravità che portava la cecità,
nemmeno che dovesse affidarsi alle orecchie e all'olfatto per orientarsi. C'era
anche la possibilità reale che si potesse trovare qualcosa davanti ai piedi per
farlo inciampare.
Ma arrivò direttamente all'umano
ferito.
"Non sei solo," biascicò
Xcor nell'oscurità.
"Cosa! Oh, Dio! Chi -"
"Ti sembro uno dei tuoi?"
Fece bene attenzione a pronunciare un po' più a lungo di quanto faceva di
solito la R, giusto nel caso in cui il suo accento nell'enunciare il Vecchio
Idioma non fosse perfettamente chiaro.
Ci furono altri respiri, molto
pesanti. Accompagnati dall'odore acre del terrore.
"Voi umani..." Xcor fece
due passi avanti, non preoccupandosi più di nascondere il rumore delle suole degli stivali. "Il problema è che non avete un vero nemico. Combattete tra di voi nei
quartieri delle strade di città o sulle linee di confine, perché non c'è nulla di esterno a unirvi. La mia specie,
invece? Abbiamo un nemico comune che richiede una certa coesione."
Tuttavia non sufficiente a prevenire le sue
ambizioni di reggenza.
A quel punto, l'umano cominciò a farfugliare.
O forse era una specie di preghiera?
Che debolezza. Era vergognosa - e
utilizzabile come una morale necessità.
Xcor accese la torcia.
Al fascio di luce, il membro della
banda si spostò a scatti, il corpo insanguinato ripulì una parte del bancone.
Plasma... evidentemente ottimo come
un detergente della Windex.
Con gli occhi spalancati al limite delle
orbite, e il respiro affannato a bocca aperta, l'ex tipo tosto abbassò la
cresta fino a terra quando il dolore e la paura ridussero il suo coraggio in un
mero ricordo.
"Dovresti sapere che ci sono
altri che camminano tra voi," disse Xcor a bassa voce. "Simili, ma
non uguali. E vi teniamo d'occhio."
L'uomo si rannicchiò spostandosi,
non che potesse muoversi molto. Il bancone era uno spazio da lavoro per le
posate e i colini, non un materasso per un uomo dal culo grosso.
Se avesse continuato a
indietreggiare sarebbe finito sul pavimento.
"Chi... chi sei tu?"
"Forse un'occhiata sarà più
efficace di una descrizione."
Snudando le zanne, Xcor si puntò la
luce in faccia.
L'urlo fu acuto e breve.
Grazie alla sopraffacente risposta adrenalinica, l'uomo svenne, la puzza di
urina che salì indicò che aveva perso il controllo delle proprie funzioni
corporee.
Piuttosto divertente, davvero.
Xcor si mosse in fretta, dirigendosi
facilmente alla porta, grazie alla torcia.
Prendendo posizione contro il muro,
spense la luce e attese che l'urlo attirasse la giusta attenzione.
Il Dipartimento di Polizia di
Caldwell rispose con ammirabile efficienza, un numero di agenti spalancò la
porta e con le proprie torce attraversarono l'intensa oscurità.
Nell'istante in cui videro il
membro della banda di teppisti, corsero in avanti, e quello fu lo spunto per la
fuga di Xcor.
Mentre scivolava fuori dalla porta,
sentì la parola vampiro attraverso la
confusione - e fu con un sorriso che si smaterializzò tra la folla.
Nel Vecchio Continente, lui e la
sua Banda dei Bastardi avevano fomentato le congetture e i miti mostrandosi di
tanto in tanto, sempre a singoli individui, e sempre in modo che collimasse con
l'errata convinzione che gli umani avevano della specie.
Profanatori di vergini. Fonti del
male che dormivano in bare. Mostri della notte.
Che scemenza - anche se l'ultima
parte di sicuro si riferiva a lui.
E in verità, si sentiva bene a fare
qualcosa di simile anche a Caldwell, un po' come un cane che marca il proprio
territorio. Era divertente anche dare a l'inutilità che se ne stava sull'isola
in quella cucina qualcosa che avrebbe ossessionato i suoi ricordi durante tutti
i giorni che avrebbe dovuto passare in prigione.
Uno deve prendersi la propria dose
di divertimento quando la trova.
Che bello! Beth, iAm, Wrath, Saxton, George e prima Friz incomparabili le scene di vita nella magione - li' c'ero anch'io con loro, buono il gelato! e poi bum... staremo a vedere...! - Xcor boh?!? vediamo cosa succederà ?!?!? - carissima Chris il grazie e' doveroso e di cuore! Ciao a tutte le consorelle baci Adele
RispondiEliminaGrazie ....carissima CHRIS ...ma sono un po' perplessa su questo nuovo romanzo della Ward...ancora non mi prende...boh..vedremo..saluti cari
RispondiEliminaEvviva la sorellanza !!! Chis non smetterò mai di ringraziarti
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