mercoledì 30 aprile 2014

Capitolo 4 di THE KING di J.R. Ward


The King


4



"Okay, che cos'abbiamo qui...?"

La domanda è più cosa non abbiamo, pensò Beth chinandosi nello scomparto del frigorifero dedicato esclusivamente al gelato.

Era venuto fuori che alle donne incinte piacevano quelle dolcezze fredde. Okay, a Layla, l'Eletta incinta piacevano - e Beth seguiva il suo stesso programma, ogni notte da... quanto tempo era passato da quando la femmina era entrata nel suo bisogno?

Dio, il tempo volava.

E mentre contava i giorni, era ben conscia che non stava pensando a Layla. Ciò che veramente stava contando erano le ore aveva trascorso in quella stanza, seduta accanto a... sperando che per una volta la storiella delle vecchie mogli fosse vera.

Non andava a trovarla per gentilezza nei confronti di una coinquilina o come amica.

No. Sebbene perché diavolo pensasse che lei e Wrath avessero bisogno di un bambino nel bel mezzo di quella tragedia era un mistero. Eppure, Madre Natura l'aveva costretta a prendere una certa svolta e non c'era modo di tornare indietro, non aveva alcun senso, nessun motivo per andare di fretta.

Non che ne avesse discusso con Wrath ultimamente. 

Come se non avesse abbastanza casini di suo. Ma andiamo, se fosse stata capace di dare avvio al proprio bisogno...

Lei voleva solo poter tenere un pezzo di sé e Wrath insieme - e più le cose si facevano pericolose con la Banda dei Bastardi, più il suo disperato bisogno aumentava.

In qualche modo, era il più triste dei commenti su ciò che stavano vivendo.

Almeno qualcosa di lui sarebbe sopravvissuta se la Banda dei Bastardi fosse riuscita a ucciderlo -

L'ondata di dolore che l'investì a quel pensiero fu talmente forte che si accasciò contro il frigorifero e le ci volle un po' prima che potesse tornare a concentrarsi sull'abbondante fornitura di Breyers, Ben & Jerry's, Häagen-Dazs e Klondike.

Molto meglio stressarsi per la scelta del gusto da mangiare. Layla prendeva sempre la vaniglia - era l'unico che riuscisse a tenere. Ma Beth non aveva quel problema, e grazie al famigerato appetito di Rhage, c'erano, tipo, millemila possibilità di scelta.

E mentre cercava l'ispirazione, capì che il dilemma era un qualcosa che veniva direttamente della sua infanzia, una moderna eco dei giorni in cui avrebbe stretto nel palmo della mano uno di quei dollari guadagnati col sudore della fronte, si sarebbe fatta quasi un chilometro a piedi per arrivare da Mac Grocery e aspettare venti minuti per avere la solita coppa al cioccolato Hershey's Dixie.

Buffo, ancora ricordava quanto il locale profumasse di quelle dolcezze sui coni che Mac faceva a mano. E il registratore di cassa, quello antiquato con la manovella.

E prima di uscire, Mac le avrebbe sempre dato un cucchiaino di plastica rosso, un tovagliolo e un sorriso - assieme ai venti centesimi di resto.

Mac era stato carinissimo con gli orfani che vivevano al Nostra Signora. E c'erano state anche parecchie persone che erano state gentili con lei e gli altri ragazzi che erano indesiderati o sfortunati.

"Menta con scaglie di cioccolato," disse, chinandosi all'interno e allungando un braccio fino al fondo.

Quando salì una folata d'aria fredda, si fermò per farsi sommergere dalla frescura. "Oh, sì..."

Anche se era il maledetto mese di dicembre, si ritrovava a desiderare il freddo, la pelle d'oca, il restringimento dei pori sul viso, il fruscio all'interno del naso a causa della secchezza.

Di sicuro tutto quel sesso la teneva ancora su di giri.

A occhi chiusi, ritornò a quando Wrath l'aveva fatta sdraiare sul pavimento e le aveva strappato via i vestiti. Era stato così perfetto. Proprio quello di cui avevano bisogno.

Anche se odiava come si sentiva adesso.

Lui era così dannatamente lontano, anche se il suo corpo era al piano superiore in quello studio.

E forse quello era un altro motivo per cui voleva un bambino.

Torna a concentrarti, torna a concentrarti. "Vaniglia, vaniglia... dove sei?"

Quando capì che la vaniglia era dispersa in azione, dovette accontentarsi di un tris da due chili inquinato da fragola e cioccolato. Non un grosso problema. Con un'estrazione chirurgica, sarebbe stata capace di portare a termine il lavoro senza lasciare alcuna contaminazione offensiva nella scodella di Layla.

Lasciando la dispensa per entrare in cucina, il dolce e casereccio profumo di cipolle e funghi saltati in padella aromatizzati con basilico e origano fu una vera delizia per il suo naso. Ma quell'ambrosia non era per l'Ultimo Pasto e non c'era un doggen alla pentola del sugo.

No. Era di nuovo iAm. Il che, considerando il fatto che pareva cucinasse quando era sotto stress, stava a significare che la vita di qualcun altro stava andando a rotoli.

L'Ombra e suo fratello erano gli ultimi arrivati nella magione della Confraternita, e come proprietario e capo chef dell'ultra vecchia scuola del ristorante da Salvatore, iAm aveva mostrato più di una volta le sue capacità con le linguine - sebbene non si poteva dire che Fritz apprezzasse che il tale tirasse fuori tutte quelle pentole giganti: come al solito il maggiordomo gironzolava a bordo campo, come se stesse per venirgli un infarto perché uno degli ospiti stava cucinando.

"Che profumo delizioso," disse Beth poggiando il contenitore sul ripiano in granito della penisola.

Non aveva avuto modo di prendere ciotole e cucchiai. 

Fritz entrò subito in azione, aprendo mobili e cassetti - e lei non se la sentì di dirgli di non servirla.

"Allora cos'è stavolta?" chiese all'Ombra.

"Bolognese."  iAm aprì un altro contenitore di spezie, e pareva conoscere l'esatta quantità da aggiungere senza l'ausilio di un misurino.

Incontrando i suoi occhi neri dal taglio a mandorla, Beth tirò più su il collo del dolcevita per nascondere i segni dei morsi. Non che sembrasse importargliene, in ogni caso. "Dov'è tuo fratello?"

"Di sopra," fu la risposta secca.

Ah. Un argomento delicato. "Beh, credo che ci vedremo per l'Ultimo Pasto?"

"Ho un appuntamento, ma c'è abbastanza agnello per tutti voi, o almeno così mi pare d'aver sentito."

"Oh, pensavo stessi cucinando per -"

"È una cosa terapeutica," disse ripulendo il cucchiaio di legno contro il bordo della pentola. "È l'unica ragione per cui Fritz mi lascia usare la cucina."

Beth parlò sottovoce. "Credevo avessi qualche potere speciale su di lui."

"Credimi, se li avessi, li userei." Abbassò la fiamma sotto la pentola. "Scusami. Devo andare a controllare come sta Trez."

"È ferito?"

"Puoi dirlo forte." Fece un veloce inchino e uscì dalla stanza. "A dopo."

Sulla sua scia, l'aria sembrò cambiare, le molecole nella cucina si calmarono come se il suo pessimo umore le avesse elettrificate. Strano, ma le piacevano quei due: non era niente male avere un'altra coppia di ottimi assassini in casa.

"Padrona, credo di avere tutto ciò che ti occorre." Il maggiordomo si presentò con tutto il necessario per estrarre dal recipiente della Breyers su un vassoio d'argento. "Per te e l'Eletta."

"Oh, Fritz, che carino - ma, in realtà, ho bisogno di una sola scodella. Mangerò il mio direttamente dal recipiente per quanto sia di cattivo gusto. Ma potrei usare una - grazie." Sorrise quando il maggiordomo le porse una paletta. "Leggi nella mente?"

Il doggen arrossì, il volto rugoso e segnato dal tempo si aprì in un sorriso. "No, padrona. Tuttavia, a volte riesco ad anticipare le intenzioni."

Aprendo il coperchio del contenitore del triplo gusto, inserì la paletta facendo attenzione a prendere solo la vaniglia. "Provaci quanto vuoi."

Quando lui arrossì e chinò gli occhi già bassi, avrebbe voluto abbracciarlo. Ma l'ultima volta che l'aveva fatto, era quasi svenuto per la sconvenienza. I doggen vivevano secondo un rigido codice di comportamento, e sebbene il loro più amorevole desiderio fosse quello di servire al meglio, non sapevano gestirlo quando venivano elogiati.

E iAm l'aveva già stressato abbastanza.

"Sei sicura che non possa preparare le porzioni?" chiese il maggiordomo ansiosamente.

"Sai che mi piace farlo da sola."

"Posso portare il vassoio per te, allora?"

"No, faccio io." Quando sembrò pronto a implodere, Beth terminò di riempire la scodella di Layla e disse con noncuranza, "Ti spiacerebbe mettere a posto il gelato al posto mio?"

"Sì, con piacere, padrona. E la paletta. Mi occuperò io di ogni cosa."

Quando se ne andò come un ladro di banca col malloppo, lei scosse la testa, prese il vassoio e si diresse nella sala da pranzo. Uscendo dall'altro capo del foyer, dovette fermarsi a dare un'occhiata. Anche se aveva visto quella superficie da tre piani ogni notte negli ultimi due anni, lo sconvolgente spazio dava ancora la sensazione di entrare in un mondo diverso: dal suo fogliame d'oro al luccicante pavimento a mosaico, dal soffitto  affrescato ad altezza inimmaginabile alle colonne in marmo e malachite, era tutto pura magia.

E pura regalità.

Infatti l'intera magione era un capolavoro, ogni spazio nella casa suscitava un nuovo tipo di stupore ispirato dal lusso, una diversa gamma di colori che rasentava la perfezione in ogni stanza.

Sicuramente non aveva mai vissuto in quel modo prima che Wrath entrasse nella sua vita - o che se lo aspettasse. Oh Signore, ricordava ancora la prima volta quando entrambi si erano trasferiti lì. Mano nella mano, avevano erano passati attraverso le ali e i piani, dalle catacombe nel seminterrato all'attico. Quante stanze c'erano? Aveva perso il conto a cinquanta.

Follia, pura follia.

E pensare che era stata l'unica eredità di suo padre. E i soldi... c'erano stati anche un mucchio di soldi.

Al punto che, anche se li aveva divisi in parti uguali con John Matthew dopo tutto quello che era accaduto nelle loro vite? Non aveva scalfito l'ammontare nonostante il fratellastro ne avesse avuti milioni e milioni.

Assolutamente folle.

Superando la raffigurazione del melo in fioritura, salì sulle scale rivestite dal tappeto rosso e puntò al secondo piano. Da orfana per tutta la vita, era stato un shock scoprire che il padre era stato a conoscenza della sua esistenza, che aveva vegliato su lei, che aveva provveduto alle sue esigenze. Ma da tutto quel che aveva sentito, Darius era proprio così. Non si era mai sottratto a un dovere.

Dio, avrebbe voluto conoscerlo.

Specialmente in quel momento.

Quando raggiunse la fine della rampa, trovò le porte dello studio aperte, e il suo uomo era là, dove odiava essere - chino su chilometri di documenti scritti in Braille, le enormi spalle che riempivano la maggior parte del trono intagliato, le talentuose dita che scorrevano su ogni riga, le sopracciglia in un'unica linea dietro gli occhiali a mascherina -

Sia il suo uomo che George, l'amato cane guida, si voltarono nella sua direzione quando riconobbero l'odore.

"Leelan," disse Wrath espirando.

Con uno scatto, il golden retriever si sollevò dalla sua posizione accucciata sul pavimento, la coda scodinzolante, le guance arricciate in un sorriso che lo fece starnutire.

Era l'unica a cui sorrideva - sebbene, per quanto l'amasse, non lasciava mai il fianco di Wrath.

Poggiando il vassoio d'argento col gelato sul tavolo nel corridoio, entrò nella stanza salutando Saxton con un cenno della mano, che era al suo solito posto su uno dei divani azzurri alla francese. "Come stanno i maschi col lavoro più impegnativo del pianeta?"

Il legale specializzato in Vecchie Leggi scattò in piedi dalla propria pila di scartoffie e fece un inchino, il suo ottimo completo su misura si adattò al movimento con estrema facilità. "Stai benissimo."

Sì, beh, se non era una carineria quella.

"Grazie." Beth girò attorno all'enorme scrivania e prese il viso del marito tra le mani. "Ciao."

"Sono felice che tu sia qui," disse in un sospiro - come se non si vedessero da anni.

Chinandosi per baciargli la bocca, Beth sapeva che lui aveva chiuso gli occhi anche se non riusciva a vederlo dietro le lenti scure.

E poi toccò al cane.

"Come stai, George?" Proprio come a suo marito, diede un bacio sul quel muso morbido. "Ti stai occupando del nostro Re?"

Lo sbuffo e il thud-thud-thud della coda che batteva contro il fianco del trono era il più grande, enorme sì che avesse mai sentito.

"A cosa stanno lavorando i ragazzi?" chiese mentre Wrath se la faceva sedere in grembo e le accarezzava la schiena.

Era così strano. Prima di conoscerlo, odiava tutto quell'affettuoso contatto fisico, tutta la roba stucchevole fatta di teneri abbracci tra coppie. Ma sai cosa? La situazione era cambiata.

"Sono solo petizioni." Leggi tra le righe: stronzate a cui preferirei dare fuoco invece di averci a che fare.

"E ce ne sono ancora due dozzine." Saxton si stirò il braccio destro come se gli facesse male. "E poi ci sono le risoluzioni dei dibattiti e gli annunci di nascita e morte."

Wrath lasciò cadere la testa all'indietro. "Continuo a pensare che ci sia un modo migliore per occuparsene. Odio farti fare da segretario, Saxton."

Il maschio fece spallucce e prese il suo blocco per gli appunti. "Non mi spiace per nulla. Qualunque cosa pur di portare a termine il lavoro."

"Riguardo a questo, cosa c'è dopo?"

Saxton tirò fuori un pezzo di carta da un raccoglitore. "Bene. Quindi questo gentiluomo vuole prendere un'altra shellan -"

Beth ruotò gli occhi. "Cioè, una cosa tipo il reality Sister Wives, edizione vampirica?"

"È legittimo." Saxton scosse la testa. "Anche se, francamente, da maschio omosessuale, già non capisco perché qualcuno debba volerne una, ancor meno un'altra - oh, ma non intendevo te, mia regina. Tu sei l'unica per la quale farei un'eccezione."

"Attento a te, avvocato," ringhiò Wrath.

"Sto scherzando," rispose.

Beth sorrise nel notare quanto fossero a proprio agio l'uno con l'altro. "Aspetta, quindi questa cosa delle due mogli è comune?"

Saxton sollevò elegantemente una spalla. "Era più usuale quando il numero della popolazione era più alto. Ora siamo più limitati in tutto: matrimoni, nascite, morti."

Wrath avvicinò le labbra al suo orecchio. "Puoi rimanere con me per il mio momento di pausa?"

Una mossa dei fianchi suggerì che il suo cervello aveva fatto un'inversione a U nel territorio orizzontale. O verticale - Dio solo sapeva se era abbastanza forte da tenerla sollevata dal pavimento per tutto il tempo che voleva.

Quando Beth sentì che cominciava a scaldarsi... pensò al gelato che aveva lasciato nel corridoio. "Puoi darmi un'ora? Devo -"

Un forte schianto dal secondo piano fece voltare le teste di tutti.

"Che cazzo è stato?" disse Wrath a denti stretti.


*    *    *


In quel vicolo al centro della città, Xcor si accovacciò e coprì la ferita d'arma da fuoco mentre tutto attorno a lui risuonavano gli spari e lo stridio di gomme annunciò l'arrivo di altri membri della banda.

Copertura. Aveva bisogno di una copertura - in quell'istante. A questi umani non importava di lui, ma la loro potenza di fuoco era spessa come un acquazzone e tanto imprevedibile e indiscriminata come una carica di tori in fuga.

Saltando all'indietro, appoggiò il corpo contro l'edificio, e il dolore nella spalla lo lasciò senza fiato. Ma non aveva tempo per soffermarcisi. Guardò a sinistra... a destra...

Tutto ciò che vide fu una porta a meno di cinque metri, così si lasciò cadere a terra e rotolò fin lì, estraendo la pistola. Sparando due colpi alla serratura d'acciaio, calciò forte il pannello e scivolò nell'oscurità interna.

L'aria era fetida... e dolce.

Disgustosamente dolce. Come il marciume della morte.

Putrida... come un lesser.

Mentre si chiudeva all'interno, fuori continuavano a risuonare gli spari, e non ci sarebbe voluto molto prima che le sirene della polizia iniziassero a suonare. La domanda era, quanti morti, quanti feriti, e qualcuno di quelli lì fuori avrebbe cercato riparo là dentro?

Ahimè, quelle sciocche domande non avrebbero avuto risposta una volta capito perché quel luogo puzzava come il nemico.

Tirò fuori la torcia a stilo e illuminò il pavimento sporco poi attorno a sé. La cucina industriale era stata chiaramente abbandonata, le ragnatele pendevano dalla cappa sopra il piano cottura e dalle rastrelliere vuote sui banconi... la polvere aveva ricoperto ogni superficie... e i detriti derivanti da uno spostamento frettoloso ingombravano il passaggio fino alla porta.

Partendo dai propri piedi, Xcor fece una panoramica con ampi cerchi di luce. Secchielli rovesciati che una volta contenevano porzioni industriali di salse e yoghurt ostruivano la zona di preparazione, tubetti senza tappo ancora pieni di mostarda e ketchup ormai solidificati dal tanto tempo trascorso tra il marcire e la mummificazione. 

Più in profondità, dei vassoi allineati nella lavastoviglie industriale arrugginita ospitavano un cucchiaio vagante o una forchetta, e la cristalleria, opaca e mezza rotta, attendeva che un nastro fantasma la facesse ruotare nel macchinario.

Facendo scricchiolare sotto i piedi i resti dei piatti di porcellana bianca, seguì l'odore che aveva attirato la sua attenzione.

La Lessening Society era formata da umani reclutati per la guerra contro i vampiri, smidollati liberati dalla loro condizione pietosa dall'Omega - il cui effetto collaterale era un tanfo permanente che somigliava alla carcassa di un cervo morto da due giorni e al latte cagliato.

Si poteva sempre scovare il nemico grazie al proprio naso...

La cella frigorifera della cucina era nell'angolo più lontano, la porta simile a quelle di una prigione era spalancata e l'interno era un altro ammasso nero di Dio solo sapeva cosa.

Quando si allungò per prendere il chiavistello, la sua pelle diventò bianca sotto il fascio di luce della torcia a stilo, e lo scricchiolio che si sentì mentre si faceva strada fu così forte che gli ronzarono le orecchie. La folle corsa di piccole zampette indicò che i topi fuggivano al suo arrivo, e li sentì passare sopra gli stivali da combattimento.

La puzza era tale da fargli lacrimare gli occhi.

Lasciò entrare prima la luce.

Ed eccolo là.

Sospeso al centro della cella, appeso a un gancio al retro del collo, un maschio umano imitava in maniera eccellente un bovino.

Almeno, Xcor presumeva fosse un maschio, dai pantaloni e la giacca di pelle. L'identificazione facciale era impossibile: i topi lo stavano mangiando dalla testa in giù grazie alla catena che lo teneva sospeso sul pavimento, come se fosse un'autostrada diretta verso un pasto fragrante. Quindi tragicamente non si trattava del suo nemico, ma di un cadavere.

Che delusione. Ci aveva sperato. Invece erano soltanto altri umani -

Il rumore di uno schianto di qualcosa che cadeva nell'oscurità gli fece spegnere la torcia e i sensi gli si acuirono in allerta.

Anche con la puzza del suo amico incravattato al gancio da macellaio, l'odore ramato di sangue fresco precedette chiunque ci fosse. Così come il gemito per la ferita.

Ahhh. Qualcuno si era fatto la bua.

Il dimenarsi continuò mentre le sirene annunciavano l'arrivo della polizia di Caldwell - ma i suoni erano ovattati, il che indicava che il nuovo arrivato aveva avuto la presenza di spirito di chiuderli dentro.
"Cazzo!"

Il visitatore aveva spedito alcuni di quei contenitori di plastica vuoti in giro mentre correva verso il bancone. Poi ci furono altre imprecazioni. Un ringhio soffocato come se si stesse sdraiando sul ripiano d'acciaio inossidabile. Poi un profondo ansimare.

Perdendo la pazienza nei confronti dell'intera tragedia, Xcor entrò nella cella frigorifera. A differenza del membro ferito della banda di teppisti, lui aveva un'idea della disposizione della stanza e si avvicinò al tizio grazie all'udito e al ricordo di dove fosse l'isola centrale.

Tuttavia sarebbe stato tutto più semplice se avesse potuto vedere. A parte gli ovvi benefici dell'orientamento, non gli piaceva quella sensazione di assenza di gravità che portava la cecità, nemmeno che dovesse affidarsi alle orecchie e all'olfatto per orientarsi. C'era anche la possibilità reale che si potesse trovare qualcosa davanti ai piedi per farlo inciampare.

Ma arrivò direttamente all'umano ferito.

"Non sei solo," biascicò Xcor nell'oscurità.

"Cosa! Oh, Dio! Chi -"

"Ti sembro uno dei tuoi?" Fece bene attenzione a pronunciare un po' più a lungo di quanto faceva di solito la R, giusto nel caso in cui il suo accento nell'enunciare il Vecchio Idioma non fosse perfettamente chiaro.

Ci furono altri respiri, molto pesanti. Accompagnati dall'odore acre del terrore.

"Voi umani..." Xcor fece due passi avanti, non preoccupandosi più di nascondere il rumore delle suole degli stivali. "Il problema è che non avete un vero nemico. Combattete tra di voi nei quartieri delle strade di città o sulle linee di confine, perché non c'è  nulla di esterno a unirvi. La mia specie, invece? Abbiamo un nemico comune che richiede una certa coesione."

Tuttavia non sufficiente a prevenire le sue ambizioni di reggenza.

A quel punto, l'umano cominciò a farfugliare. O forse era una specie di preghiera?

Che debolezza. Era vergognosa - e utilizzabile come una morale necessità.

Xcor accese la torcia.

Al fascio di luce, il membro della banda si spostò a scatti, il corpo insanguinato ripulì una parte del bancone.

Plasma... evidentemente ottimo come un detergente della Windex.

Con gli occhi spalancati al limite delle orbite, e il respiro affannato a bocca aperta, l'ex tipo tosto abbassò la cresta fino a terra quando il dolore e la paura ridussero il suo coraggio in un mero ricordo.

"Dovresti sapere che ci sono altri che camminano tra voi," disse Xcor a bassa voce. "Simili, ma non uguali. E vi teniamo d'occhio."

L'uomo si rannicchiò spostandosi, non che potesse muoversi molto. Il bancone era uno spazio da lavoro per le posate e i colini, non un materasso per un uomo dal culo grosso.

Se avesse continuato a indietreggiare sarebbe finito sul pavimento.

"Chi... chi sei tu?"

"Forse un'occhiata sarà più efficace di una descrizione."

Snudando le zanne, Xcor si puntò la luce in faccia.

L'urlo fu acuto e breve. Grazie alla sopraffacente risposta adrenalinica, l'uomo svenne, la puzza di urina che salì indicò che aveva perso il controllo delle proprie funzioni corporee.

Piuttosto divertente, davvero.

Xcor si mosse in fretta, dirigendosi facilmente alla porta, grazie alla torcia.

Prendendo posizione contro il muro, spense la luce e attese che l'urlo attirasse la giusta attenzione.

Il Dipartimento di Polizia di Caldwell rispose con ammirabile efficienza, un numero di agenti spalancò la porta e con le proprie torce attraversarono l'intensa oscurità.

Nell'istante in cui videro il membro della banda di teppisti, corsero in avanti, e quello fu lo spunto per la fuga di Xcor.

Mentre scivolava fuori dalla porta, sentì la parola vampiro attraverso la confusione - e fu con un sorriso che si smaterializzò tra la folla.

Nel Vecchio Continente, lui e la sua Banda dei Bastardi avevano fomentato le congetture e i miti mostrandosi di tanto in tanto, sempre a singoli individui, e sempre in modo che collimasse con l'errata convinzione che gli umani avevano della specie.

Profanatori di vergini. Fonti del male che dormivano in bare. Mostri della notte.

Che scemenza - anche se l'ultima parte di sicuro si riferiva a lui.

E in verità, si sentiva bene a fare qualcosa di simile anche a Caldwell, un po' come un cane che marca il proprio territorio. Era divertente anche dare a l'inutilità che se ne stava sull'isola in quella cucina qualcosa che avrebbe ossessionato i suoi ricordi durante tutti i giorni che avrebbe dovuto passare in prigione.


Uno deve prendersi la propria dose di divertimento quando la trova.

3 commenti:

  1. Che bello! Beth, iAm, Wrath, Saxton, George e prima Friz incomparabili le scene di vita nella magione - li' c'ero anch'io con loro, buono il gelato! e poi bum... staremo a vedere...! - Xcor boh?!? vediamo cosa succederà ?!?!? - carissima Chris il grazie e' doveroso e di cuore! Ciao a tutte le consorelle baci Adele

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  2. Grazie ....carissima CHRIS ...ma sono un po' perplessa su questo nuovo romanzo della Ward...ancora non mi prende...boh..vedremo..saluti cari

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  3. Evviva la sorellanza !!! Chis non smetterò mai di ringraziarti

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