The King
2
Caldwell, New York
"Lunga vita al Re."
Quando Abalone, figlio di Abalone,
disse quelle parole, provo a testare la risposta dei tre maschi che avevano
bussato alla sua porta, entrati a passo di marcia in casa fermandosi in
biblioteca, e che ora lo fissavano come se gli stessero prendendo le misure per
fargli un sudario.
A dire il vero, non ne fu capace. Riuscì
a leggere un'unica espressione - quella del guerriero sfigurato dietro tutti
gli altri, appoggiato alla carta da parati in seta, gli stivali da
combattimento ben piantati nel tappeto persiano.
Gli occhi del maschio erano
nascosti da un ventaglio di ciglia spesse, le iride così scure da non poter
dire di che colore fossero, se blu, castane o verdi. Il suo corpo era enorme, e
anche il resto, era un'audace minaccia, una granata con la spoletta pronta a
saltare. E la sua risposta a tutto
quello che era stato detto?
Nessun cambiamento nei lineamenti,
quel labbro leporino niente più di un taglio, il cipiglio lo stesso. Nessun
segno di emozione.
Ma la mano con cui teneva il
pugnale si fletté completamente prima di richiudersi in un pugno.
Chiaramente, l'aristocratico Ichan
e l'avvocato Thym, che si era portato dietro questo combattente, aveva mentito.
Questa non era una "conversazione riguardo al futuro" - no, una cosa
del genere avrebbe presupposto che Abalone aveva una scelta al riguardo.
Era un colpo d'avvertimento mirato
al suo lignaggio, una chiamata di tutti a bordo a cui non c'era nessuna
risposta.
Eppure le parole gli erano uscite
da bocca in quel modo, e non poteva cambiarle.
"Sei sicuro della tua
risposta?" chiese Ichan inarcando un sopracciglio.
Ichan era il prototipo della sua
educazione e del valore finanziario, raffinato al punto di apparire femmineo a
scapito del genere di nascita, vestito con un completo e cravatta e ogni
capello a posto. Al suo fianco, Thym, l'avvocato, si presentava allo stesso
modo, solo più magro, come se la sua considerevole abilità mentale bruciasse
calorie.
E entrambi, come il guerriero, si
aspettavano che cambiasse la sua risposta.
Gli occhi di Abalone corsero alla
pergamena antica incorniciata e appesa alla parete di fianco alla porta a
doppio battente. A quella distanza non riusciva a leggere i caratteri del
Vecchio Idioma, ma non aveva bisogno di dare un'occhiata da vicino. Li
conosceva tutti uno ad uno, col cuore.
"Non credevo mi fosse stata
posta una domanda," disse Abalone.
Con un sorriso falso, Ichan cominciò
a passeggiare per la stanza, toccò una ciotola piena di mele rosse in argento
sterling, la collezione di orologi da tavolo di Cartier sul tavolino, il busto
bronzeo di Napoleone sullo scrittoio vicino alla finestra a nicchia.
"Naturalmente a noi interessa
la tua posizione." L'aristocratico si fermò di fronte a un ritratto a
china su una mensola. "Questa è tua figlia, suppongo."
Abalone sentì una stretta al petto.
"Sta per debuttare in società,
non è vero?" Ichan lanciò un'occhiata oltre la sua spalla. "Sì?"
Abalone voleva allontanare il
maschio da quell'immagine.
"Di tutto ciò che considerava
"suo", la sua preziosa figlia, l'unica progenie che lui e la sua shellan avevano avuto, era la luna in un
cielo notturno, la gioia che riempiva le ore domestiche, la sua bussola per il
futuro. E voleva tante cose per lei - anche se non nei termini che intendeva la
glymera. No, per lei desiderava quel
che lui e la sua mahmen avevano
trovato - almeno per quanto riguardava gli anni fino a che la sua femmina era
stata chiamata ad andare nel Fado.
Per sua figlia desiderava un amore
profondo con un maschio di valore che si sarebbe preso cura di lei.
Se non avesse debuttato in società?
Questo non sarebbe mai potuto accadere.
"Perdonami," biascicò
Ichan. "Hai risposto e me la sono persa?"
"Lo farà presto, sì."
"Sì." L'aristocratico
sorrise di nuovo. "Conosco le tue giuste preoccupazioni. Anch'io come
padre, mi metto nei tuoi panni - quando hai delle figlie, vuoi che contraggano
buoni matrimoni."
Abalone trattenne il respiro fino a
che il maschio non riprese la sua pigra passeggiata nella stanza. "Ti dà
sicurezza pensare che esistono delle linee di demarcazione così nette nella
nostra società? Gli accoppiamenti correttivi hanno dato origine a un gruppo di
individui superiori, e noi siamo obbligati dalla tradizione e dal buonsenso a
preservare le nostre unioni come membri della nostra razza. Riesci a immaginare
tua figlia sposata con plebeo?"
Quell'ultima parola indugiò, la
pronuncia simile a una parolaccia e alla minaccia di una pistola pronta a far
fuoco.
"No, non ci riusciresti,"
rispose Ichan al posto suo.
In verità, Abalone non ne era così
sicuro. Se il maschio l'avesse amata abbastanza? Ma non era quello il succo
della questione, vero?
Ichan si fermò a guardare le
pitture a olio appese di fronte all'immensa collezione di famiglia di prime
edizioni allineate sulle mensole. Le opere d'arte erano, naturalmente, dei suoi
avi, col più rinomato tra tutti era montato sopra la cornice di marmo
dell'immenso camino.
Un celebre maschio nella storia
della razza, e del lignaggio di Abalone. Il Nobile Redentore, come era noto in
famiglia.
Il padre di Abalone.
Ichan fece un gesto con la mano,
includendo non solo la stanza, ma la casa con tutto ciò che conteneva, comprese
le persone sotto quel tetto.
"Tutto questo merita garanzie,
e il solo modo per far sì che accada è che le Vecchie Usanze vengano
rispettate. I principi che noi, la glymera,
cerchiamo di tutelare sono il fondamento di ciò che speri di fornire a tua
figlia - senza di loro, chissà come potrebbe andare a finire."
Abalone chiuse velocemente gli
occhi.
E
questo fece assumere all'aristocratico un tono di voce più calmo e
gentile. "Quel Re di cui hai appena parlato con tanto rispetto - è sposato
con una mezzosangue."
Le palpebre di Abalone si
spalancarono. Come tutti i membri del Consiglio, era stato informato
dell'unione reale. "Pensavo avesse sposato Marissa, la figlia di
Wallen."
"In realtà, no. La cerimonia è
avvenuta un anno prima degli attacchi, il presupposto era che il Re tenesse
fede alla promessa fatta alla sorella di Havers - ma sono comparsi dei sospetti
quando Marissa successivamente ha sposato un Fratello. La notizia ci è arrivata
più tardi, attraverso Thym" - annuì all'avvocato - "che Wrath aveva
preso un'altra femmina - che non è
della nostra razza."
Ci fu una pausa, come se ad Abalone
fosse stata data la possibilità di boccheggiare a quella scoperta. Quando non
apparve frastornato dallo shock, Ichan si allungò verso lui e parlò lentamente
- come se fosse un minorato mentale. "Se hanno dei figli, l'erede al trono
per un quarto sarebbe umano."
"Non c'è nessuno col sangue
puro," mormorò Abalone.
"Che peccato. Eppure, di
sicuro converrai che c'è un'enorme differenza tra distanti relazioni con
umani... e un Re che pratica con quell'orrida razza. Ma anche se non ne sei
offeso - e sicuramente non è questo il caso - le Vecchie Leggi prevedono
l'ordine. Il Re deve essere un maschio di razza pura - e Wrath, figlio di
Wrath, non può fornirci un tale erede."
"Presumendo che sia vero
-"
"Lo è."
"Che cosa ti aspetti da
me?"
"Ti sto semplicemente
mostrando l'intera situazione. Non sono niente più di un cittadino
preoccupato."
Allora perché presentarsi con
quella scorta violenta?
"Beh, apprezzo la tua
sollecitudine nel tenermi informato -"
"Il Consiglio sta per
agire."
"In che modo?"
"Ci sarà una votazione. Presto."
"Per ripudiare qualsiasi
erede?"
"Per rimuovere il Re. Con la
sua autorità è capace di cambiare le leggi in qualunque momento, sradicando i
conferimenti e indebolendo ulteriormente la razza. Deve essere rimosso per
legge quanto prima." L'aristocratico fissò il ritratto della figlia di
Abalone. "Confido nel fatto che, al prossimo incontro col Consiglio, la
tua stirpe sarà ben rappresentata dal tuo sigillo e dai tuoi colori."
Abalone lanciò un'occhiata al
combattente poggiato contro il muro. Sembrava che il maschio respirasse a
malapena, ma era ben lontano dal dormire.
Quanto ci sarebbe voluto prima che
la rovina si abbattesse sul suo casato se non avesse impegnato il suo voto? E
che forma avrebbe avuto?
Immaginò sua figlia piangere per la
perdita dell'unico genitore rimastole ed essere abbandonata per il futuro. Lui
torturato e poi ucciso in maniera raccapricciante.
Beata Vergine Scriba, gli occhi
stretti di quel guerriero erano fissi su di lui come se fosse un bersaglio.
"Lunga vita al giusto Re," disse Ichan,
"suona più adatto."
Con quella frase, l'azzimato
"cittadino preoccupato" si licenziò, uscendo ordinatamente insieme
all'avvocato.
Il cuore di Abalone gli martellava
nel petto quando fu lasciato da solo col guerriero... e dopo un momento di urla
silenti, il maschio si mosse verso la ciotola d'argento piena di mele.
Con un tono basso e un accento
molto marcato disse, "Queste sono da mangiare, non è vero?"
Abalone aprì la bocca per parlare,
ma ne uscì solo uno squittio.
"È un sì?" mormorò.
"Certamente. Sì."
Il guerriero prese un pugnale dal
fodero sul torace, la lama argentata appariva lunga quanto il braccio del
maschio. Con un veloce movimento del polso, lanciò l'arma in aria, la luce si
rifletté lampeggiando sulla superficie tagliente - e con la stessa sicurezza,
prese l'impugnatura e infilzò una delle mele.
Tutto questo senza interrompere il
contatto visivo con Abalone.
Prendendo il frutto dalla ciotola,
lo sguardo andò al ritratto. "È davvero bella. Per ora."
Abalone si alzò e si frappose tra
il guerriero e il disegno, pronto a sacrificare se stesso, se necessario. Non
voleva che il guerriero nemmeno guardasse il ritratto, ancor meno che lo
commentasse - o fare ancora peggio.
"A presto, allora," disse
il guerriero.
Se ne andò tenendo la mala in verticale,
impalata al centro.
Quando Abalone sentì chiudere la
porta d'ingresso, collassò sul divano rivestito di seta con le gambe molli e il
cuore che martellava. Anche se le mani tremavano, riuscì a tirar fuori una
sigaretta dal cofanetto di cristallo e ad accenderla col pesante accendino.
Inalando una boccata di fumo,
guardò l'immagine della figlia e assaggiò per la prima volta nella sua vita il
vero terrore.
"Beata Vergine Scriba..."
C'erano stati segnali di
malcontento per un intero anno: voci e avvisaglie indicavano che il Re stava
perdendo l'appoggio di certi settori dell'aristocrazia; il pettegolezzo che
c'era stato un attentato; insinuazioni che era stata creata una società segreta
e stava per agire. E poi c'era stato l'incontro col Consiglio in cui Wrath si
era presentato con la Confraternita e aveva minacciato sfacciatamente i
partecipanti.
Era stata la prima volta che la
gente vedeva il Re da... beh, da molto più di quanto Abalone potesse
rammentare. Infatti, non riusciva a ricordare di qualcuno che avesse avuto
un'udienza col sovrano. C'erano stati proclami sparsi, naturalmente - e editti
in progressione e, nella mente di Abalone, parecchio ritardati.
Gli altri non erano d'accordo
comunque.
Ed erano ovviamente pronti a
forzare le mani di quelli che non la pensavano come loro.
Spostando gli occhi sul ritratto di
suo padre, cercò di raccogliere del coraggio nel profondo di se stesso, un qualche
tipo di base solida su cui piantare i piedi e lottare per ciò che riteneva
giusto: se Wrath aveva sposato una mezzosangue, cosa importava se l'amava?
Parecchie delle Vecchie Leggi che stava riformando erano discriminatorie e la
scelta della shellan da parte del Re
mostrava chiaramente quanto stesse cercando di modernizzarle.
Eppure c'era ancora tanto della
vecchia scuola nel comportamento del Re: due aristocratici erano stati uccisi
recentemente. Montrag ed Elan. Entrambi brutalmente e nelle loro case. Ambedue
erano stati associati ai dissenzienti.
Era chiaro che Wrath non aveva
intenzione di starsene seduto comodamente mentre si tramavano complotti ai suoi
danni. La cattiva notizia era che anche i suoi nemici a corte si stavano
preparando con le proprie forze.
Abalone prese l'iPhone del taschino
della giacca, scelse un numero tra i suoi contatti e iniziò una chiamata con
l'apparecchio che squillava a metà orecchio.
Quando la voce del maschio rispose,
si dovette schiarire la gola. "Devo sapere se hai ricevuto una
visita."
Suo cugino non esitò un istante.
"Sì."
Abalone imprecò. "Non voglio
far parte di questa cosa."
"Nessuno vuole. Ma questo loro
punto di vista giuridico?"
Suo cugino prese un lungo respiro.
"Riguardo l'erede? La gente sta rispondendo."
"Non è giusto. Wrath ha fatto
buone cose, facendoci avanzare nel mondo moderno. Ha abolito la schiavitù di
sangue e creato quel rifugio per femmine che hanno subito abusi e i loro figli.
È stato giusto e anche i proclami -"
"Su questo lo hanno in pugno,
Abalone. La vinceranno loro - perché c'è abbastanza gente che si è disgustata
alla notizia della regina mezzosangue e di un erede dal sangue ancor più
annacquato." La voce del cugino si abbassò. "Non metterti dal lato
sbagliato, sangue del mio sangue. Si stanno preparando a fare ciò che è
necessario per garantire un voto unanime quando arriverà il momento, e la legge
è quel che è."
"Potrebbe cambiarla. Sono
sorpreso che non l'abbia fatto."
"Senza dubbio ha avuto
problemi più pressanti da sistemare che qualche vecchio libro impolverato. E
francamente, anche se riformulasse la disposizione? Non so se ci sia
sufficiente supporto per sostenerlo."
"Potrebbe rivalersi
sull'aristocrazia."
"E cosa potrebbe fare -
ucciderci tutti? E poi?"
Quando infine Abalone chiuse la
comunicazione, fissò negli occhi suo padre. Il cuore gli diceva che la razza era
in buone mani con Wrath, anche se il Re si isolava in molti modi. Ma suo cugino
aveva detto cose sensate.
Dopo un lunghissimo momento, fece
un'altra chiamata che gli fece venire la nausea. Quando ebbe risposta, non si
perse in preamboli. "Hai il mio voto," dichiarò con durezza.
Prima che Ichan potesse elogiare il
suo buonsenso, riattaccò. E andò al cestino per la carta straccia per vomitare.
L'unica cosa peggiore del non avere
un'eredità... era non essere stato all'altezza di quella che ti era stata donata.
* * *
Quando Xcor uscì dalla casa
dell'aristocratico, s'irritò nel trovare Ichan, il rappresentante del
Consiglio, e Thym, il legale, che lo aspettavamo al chiarore della luna.
"Credo che siamo stati
abbastanza persuasivi," dichiarò Ichan.
C'era un enorme orgoglio in quella
voce sprezzante - come se il maschio avesse già piazzato le chiappe molli sul
trono.
Xcor guardò di nuovo la casa stile
Tudor. Attraverso le finestre col vetro a diamante, il maschio con cui si era
confrontato era al telefono, fumava una sigaretta come se i polmoni avessero
più bisogno della nicotina che dell'ossigeno. Poi si fermò a fissare qualcosa.
un secondo più tardi, le spalle cedettero in segno di sconfitta, portò
nuovamente il telefono all'orecchio.
Ichan tirò fuori dalla tasca il
cellulare sorridendo. "Pronto? Che gradita chiamata -" Ci fu una
pausa. "Oh, penso che sia stato saggio da parte tua - pronto?
Pronto?"
Ichan mise da parte il cellulare
con una scrollata di spalle. "Non posso offendermi per il fatto che mi abbia
attaccato il telefono in faccia."
Xcor prese la mela rubata e la
liberò dalla lama. Con mano sicura cominciò a togliere la buccia rossa dalla
croccante polpa bianca, girando tutto intorno fino a che un'unica striscia
arricciata si formò sotto l'arma.
In opposizione alla sua linea preferita
riguardo l'assassinio, questo nuovo approccio legale di forzare l'abdicazione
andava bene lo stesso. Avevano un'altra
mezza dozzina di membri delle Prime Famiglie da incontrare e istruire, e poi
sarebbe giunto il momento di rendere tutto ufficiale al livello del Consiglio.
Dopodiché? Le uccisioni dovevano avvenire - senza dubbio uno o tutti gli
aristocratici con cui stavano trattando sarebbero stati delusi dal cambio alla
corona.
Facilmente risolvibile, comunque, e
poi avrebbe ottenuto quel che voleva.
"... un pasto di nostro
gusto?"
Quando Ichan e Thym lo guardarono,
realizzò che gli era appena sto chiesto di uscire a mangiare.
Xcor lasciò che la buccia cadesse
sulla neve ai suoi piedi. Senza alcun dubbio il nobile dentro casa aveva dei
giardinieri che l'avrebbero raccolta, anche se visto quanto il tipo era
scombussolato, forse si sarebbe avventurato fuori per una passeggiata tra quei fottuti cespugli topiari e l'avrebbe
vista da solo.
Le minacce funzionavano meglio se
attuate su più livelli.
"Il campo di battaglia mi
attende," disse Xcor mentre tagliava un pezzo di polpa e snudava le zanne,
portò il coltello alla bocca assieme al pezzo di mela.
Il rumore secco mentre l'addentava
fece il suo effetto.
"Sì, certo, naturalmente,
ovvio," disse Ichan, le parole volteggiavano come le piroette di una
ballerina che danzava sulle punte e sbandava verso la buca in cui suonava
l'orchestra.
Che carino.
E poi ci fu un attimo di silenzio,
come se il saluto di commiato dovesse essere ripagato. Quando Xcor si limitò ad
inarcare un sopracciglio, i due si smaterializzarono così in fretta come se ci
fossero delle emergenze nelle rispettive case.
Che pedine insignificanti erano -
ne aveva già usate altre e non c'era dubbio che uno e entrambi che erano appena
andati via sarebbero finiti presto nella fossa.
Nella grande casa, il membro del
Consiglio che erano andati a incontrare aveva ancora il capo chino - ma non per
molto. Qualcuno entrò nella stanza, e di chiunque si trattasse, l'aristocratico
non voleva che sapessero del suo turbamento. Si riprese, sorrise e aprì le
braccia. Quando una giovane femmina andò nella sua direzione, Xcor capì che si
trattava della figlia.
Era bellissima, davvero - il
ritratto era accuratissimo.
Ma non quanto un'altra.
Spontanei, i ricordi scorsero dalla
sua mente, immagini di pelle e capelli chiari, e occhi che erano capaci di
fermare i suoi passi come solo un proiettile poteva fare, ingarbugliando i suoi
pensieri fino a che era lui a inciampare
anche restando fermo.
No, per quanto giovane e delicata
fosse quella figlia, non era nient'altro che una eco di graziosità rispetto
alla sua irraggiungibile Eletta.
"Devi smetterla," disse
nella notte fredda. "Devi smetterla all'istante."
Un buon comando, indubbiamente -
eppure gli ci vollero diversi minuti prima di potersi concentrare a sufficienza
e smaterializzarsi dal prato di fronte alla casa.
Dopo un battito di ciglia, Xcor si
trovò di nuovo nel suo elemento: il vicolo davanti a lui era una fogna urbana,
la neve sudicia dagli pneumatici di innumerevoli ribaltabili che erano passati
dietro mezza dozzina di ristorante a buon prezzo. A dispetto delle folate
rigide dicembrine, il puzzo di carne marcia e di sostanza verde denaturata
erano sufficienti a fargli pizzicare il naso.
Inspirando, cercò la vomitevole
dolcezza del nemico.
Era nato deforme, era stato scartato
e lasciato nel mondo dalla femmina che l'aveva portato nel suo utero.
Allevato
nel campo di battaglia del Carnefice, era stato
affilato come una lama in quella
sadistica buca per il fuoco di aggressione e dolore, ogni debolezza presa a
martellate fino a che era diventato letale come un pugnale.
Lui apparteneva a questo
palcoscenico di lotta.
E non restò solo a lungo.
Voltando la testa, spostò tutto il
peso nelle cosce. Un gruppo di uomini umani si fece avanti, liberando l'angolo
e camminando in branco. Quando lo videro, si fermarono e si compattarono tra
loro.
Xcor ruotò gli occhi e riprese a
passeggiare nella direzione opposta -
"Checazzostaifacendo,"
urlò qualcuno del branco.
Voltandosi indietro, lanciò
un'occhiata ai cinque uomini. Indossavano una specie di divisa coordinata da
ganzi umani: giacche di pelle, berretti con testi neri, bandane annodate sotto
al mento.
Avevano la chiara intenzione di
volersi imbattere in qualcuno o qualcos'altro.
Non il tipo di nemico di cui
preoccuparsi. In primo luogo, gli umani erano talmente inferiori fisicamente,
che era come mordere una mela.
Secondo, erano capaci di
coinvolgere altri della loro specie, oppure sia di proposito attraverso quella
temuta cosa del 911 o inavvertitamente, facendo un tale baccano da allertare i
passanti.
"Checazzostaifacendo!"
Se fosse rimasto in silenzio, forse
si sarebbe trasformato in un numero di coordinato di ballo e canto? Terribile.
"Andate a passare la notte
altrove," disse a bassa voce.
"Andate a pass-
seiunfottutostraniero?"
O qualcosa che suonava simile. I
loro accenti erano difficili da decifrare - inoltre non aveva alcun interesse a
sforzarsi per capire -
Dal nulla, un auto comparve
all'angolo sbandando, le gomme persero trazione mentre l'autista premeva il
freno.
Risuonarono dei fucili a pompa,
rimbombando nella notte, disperdendo gli assemblati, incluso lui.
Posto
sbagliato, momento sbagliato, pensò Xcor beccandosi un proiettile nella spalla, un dolore bruciante
gli attraversò la testa - e gli rese impossibile la smaterializzazione.
Non gliene fregava un cazzo di
quello scontro tra quei topi senza coda. A quanto pareva però, doveva
ingaggiare battaglia.
Non sarebbe
morto a causa di un proiettile umano.
Iniziano subito la guerra a Wrath! ma che brutta gente! Certo che come inizio e' tostissimo - spero che facciano una brutta fine - Chris che capitolone! grazie baci Adele
RispondiEliminaGrazie a te, Adele <3
EliminaToc toc ci siete? Salve consorelle! c'è un capitolone da commentare! - cmq approfitto x augurare a Chris e a voi una Buona Pasqua - un abbraccio Adele
RispondiEliminaGrazie Adele, tanti auguri anche a te, alle nostre consorelle e, naturalmente, alla nostra amata Christiana.
RispondiEliminaBacioni
Dany
Molto molto bello.. Brava Crì!!!
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