domenica 22 dicembre 2013

Tanti auguri di buon Natale e buone feste!

Tanti auguri a tutti! Speriamo che il nuovo anno ci porti tante belle cose!
Christiana V

Traduzione Capitolo 40 di Lover at Last di J.R.Ward


Lover at Last

40


Qhuinn sapeva d'aver messo Blay in una posizione totalmente scomoda.

Quando si dice scopare per pietà. Ma oh, Dio... guardare in quegli occhi blu, quei maledetti e profondi occhi blu che si erano aperti a lui com'erano soliti fare una volta... era riuscito a pensare solo a quello. E sì, tecnicamente era sesso in termini di desiderio di diverse parti del suo corpo - una, per la precisione.

Eppure c'era così tanto di più.

Non riusciva a dirlo a parole; non era bravo con le sillabe. Ma il suo desiderio di un contatto era il motivo per cui l'aveva baciato. Voleva mostrare a Blay quel che intendeva, di cosa aveva bisogno, perché era importante: si sentiva come se il suo intero mondo stesse cadendo a pezzi e andando a fuoco, e la perdita che si stava verificando ad appena una porta di distanza in fondo al corridoio gli avrebbe fatto male per parecchio tempo.

Tuttavia stare con Blay, sentire il suo calore, il contatto, era come una promessa di guarigione. Anche se fosse durato solo per il tempo che avrebbero trascorso insieme in quella stanza, l'avrebbe accettato, e tenuto tra le cose care... per rivivere quel ricordo quando ne avrebbe avuto bisogno.

"Ti prego," sussurrò.
Però non diede al ragazzo la possibilità di rispondere. La sua lingua guizzò fuori e leccò quella bocca, scivolò all'interno, impossessandosene.

E la risposta di Blay venne dal modo in cui si accomodò contro i cuscini del divano.

Qhuinn aveva due pensieri confusi: il primo, la porta non era chiusa, ma non a chiave - e si assicurò col pensiero che la serratura in ottone fosse a posto. Il secondo oh - già - beh, non era che potessero distruggere tutto in quella camera. Lanciare una bomba atomica in stanza da letto era una cosa. Quel salotto era una proprietà comune, era anche ben fatto e grazioso, coi cuscini rivestiti in seta e tende ultra appariscenti, e un intero set di roba che sembrava facilmente strappabile, distruttibile, e, Dio ce ne scansi e liberi, macchiabile.

Inoltre, aveva già distrutto il suo Hummer, fatto a pezzi il giardino, messo sottosopra la sua camera da letto. Quindi la sua quota distruttiva era già stata ampiamente raggiunta per l'anno in corso...

Naturalmente, la soluzione più ragionevole per non dare a Fritz altri motivi di preoccupazione, era una scappata veloce nel corridoio per correre nella sua stanza, ma nel momento in cui le talentuose mani di Blay arrivarono sul davanti dei fianchi di Qhuinn e iniziarono ad aprire la patta dei pantaloni, gettò quella brillante idea nel cesso.
"Oh, Dio, toccami," gemette, spingendo il bacino in avanti.
Doveva solo stare attento a non sporcare e che fosse tutto in ordine.

Ammesso che fosse possibile.

Quando la mano di Blay scivolò nei suoi pantaloni, il corpo di Qhuinn s'inarcò, col torace all'indietro mentre Blay cominciava a lavorarselo. L'angolazione non era perfetta, quindi non c'era molta frizione, e le palle erano strizzate malamente dal cavallo dei pantaloni, ma porca troia, non gliene importava. Il fatto che fosse Blay era più che sufficiente per lui.

Cavolo, dopo decenni di pompini, seghe e masturbazioni, questa gli sembrava la prima volta che qualcuno lo avesse mai toccato.

Aveva bisogno di ricambiare il favore.

Entrando in azione, spinse il petto in avanti e avvicinò i loro visi. Cavolo, amava l'espressione in quegli occhi blu quando Blay lo guardava, eccitato, selvaggio, raggiante.

Disponibile.

Qhuinn lo strinse forte e unì le loro bocche, divorando quelle labbra, saziandosi con la lingua, prendendo come un pazzo tutto ciò che poteva -

"Aspetta, aspetta," urlò Blay. "Stiamo per rompere il divano."

"Cos...?" Sembrava che il ragazzo stesse parlando in inglese, ma che fosse dannato se riusciva a tradurlo. "Divano?"

E poi realizzò che aveva spinto talmente tanto Blay contro il bracciolo, che stava cominciando a piegarsi.  Ecco quello che succedeva a un pezzo d'arredamento quando s'incontrava con più di duecentoventi chili di sesso.

"Oh, merda, mi spiace."

Stava appena cominciando a ritirarsi quando Blay prese il controllo - e improvvisamente Qhuinn si ritrovò non più sul divano, ma con la schiena contro il pavimento, le gambe spinte insieme, i pantaloni calati fino alle caviglie.

Grande. Fighissima. Idea.

Grazie al fatto che non indossava biancheria intima, il suo uccello si ritrovò all'aria, duro e grosso quando venne liberato e si appoggiò,  dolorante e gonfio, sul suo addome. Allungando una mano, diede alla sua erezione un paio di carezze mentre Blay si liberava degli stivali che bloccavano il passaggio e li gettò di lato. I successivi a dire ciao furono i pantaloni, e Dio gli era testimone, Qhuinn non era mai stato tanto felice di veder volare al di sopra della spalla un paio di pantaloni in vita sua.

E poi Blay si mise all'opera.

Qhuinn dovette chiudere gli occhi quando sentì aprire le cosce e le mani del guerriero salirono verso l'interno delle gambe. Subito lasciò libero l'uccello - dopotutto, perché stare tra i piedi quando Blay poteva...

Non furono le mani del ragazzo a prenderlo.

Fu la sua bocca calda e umida che Qhuinn aveva appena baciato fino a morirne.

Per appena un attimo, mentre Blay succhiava sia la testa smussata che l'asta, Qhuinn fu colpito dal pensiero strizzapalle che Saxton gli avesse insegnato come farlo - il suo maledetto cugino lo aveva fatto al ragazzo, e lui lo aveva fatto a Saxton -

Smettila, disse a se stesso. Quale che fosse la storia o le lezioni imparate, era la sua erezione ad avere quell'attenzione in quel momento. Che si fottesse tutto il resto.

Per assicurarsene, costrinse le palpebre ad aprirsi. Oh... cazzo...

La testa di Blay stava andando su e giù sopra al suo bacino, il pugno teneva la base dell'uccello di Qhuinn e l'altra mano si lavorava i testicoli. E poi, come se stesse aspettando un contatto visivo, il ragazzo si sollevò, lasciò libera l'erezione e si leccò le labbra.

"Non vorrai sporcare questa bella stanza," biascicò Blay.
Poi allungò la punta della lingua per leccare il piercing che Qhuinn aveva ai genitali, la carne rosa tormentò il cerchietto con la pallina color canna di fucile -

"Cazzo, sto venendo adesso," urlò Qhuinn, sulla soglia di un tremendo orgasmo. "Sto -"

Non aveva la forza per fermare gli eventi, non più di chi dopo esser saltato giù da una scogliera non poteva tornare indietro dopo dieci metri in caduta libera.

Ma lui non voleva fermarsi.

E non lo fece.

Con un potente ruggito - che con ogni probabilità fu sentito ovunque - la spina dorsale di Qhuinn si sollevò dal pavimento, il culo si contrasse, le palle esplosero, l'erezione palpitò fortemente nella bocca di Blay. Non fu solo il suo sesso ad esserne colpito. L'orgasmo gli attraversò tutto il corpo, un'impetuosa energia sfavillante lo percorse mentre seppelliva le dita nel tappeto su cui era sdraiato... e venne come un animale selvaggio.

Fortunatamente, Blay era ben più che capace di fare pulizia - il che accrebbe ancor di più il suo orgasmo. Gli diede anche parecchio da guardare: per il resto dei suoi giorni, Qhuinn non avrebbe mai dimenticato la vista della bocca del maschio attorno al suo uccello, le guance incavate mentre succhiava via tutto il suo seme. Ancora e ancora e ancora.

Di solito Qhuinn era pronto a ricominciare non appena terminato, ma quando le ondate finalmente smisero d'infrangersi dentro lui, si rilassò completamente, le braccia piatte sul pavimento, le ginocchia abbandonate, la testa ciondolante.

Considerando tutto, probabilmente quello era stato il miglior orgasmo della sua vita. Secondo solo a quelli che aveva avuto durante il giorno col ragazzo.

"Non riesco a muovermi," borbottò.

La risata di Blay era profonda e seducente. "Sembri un po' spompato."

"Posso ricambiare il favore?"

"Riesci ad alzare la testa?"

"È ancora attaccata al mio corpo?"

"Da quello che posso vedere, sì."

E mentre Blay ridacchiava di nuovo, Qhuinn sapeva quel che voleva fare - e fu una sorpresa anche per lui. In tutte le sue prestazioni sessuali, non si era mai concesso d'essere scopato. Le cose non andavano mai in quel modo. Lui era il conquistatore, il dominatore, era quello deteneva il controllo e manteneva quella superiorità.

La sottomissione non gl'interessava.

Ora la desiderava.

L'unico problema era che non poteva muoversi, nel senso letterario del termine.. E, beh, c'era anche un altro fatto - come poteva confessare a Blay d'essere vergine?

Perché voleva farlo. Se mai ci fossero arrivati, voleva che Blay lo sapesse. Per quale ragione volesse farlo, non era importante.

Improvvisamente, la faccia di Blay apparve nel suo campo visivo, e Dio, il guerriero era bellissimo, con le guance arrossate, gli occhi luccicanti, quelle enormi spalle a chiudere fuori tutto il resto.

E, oh, sì, quel sorriso sexy come il peccato, così soddisfatto di se stesso, così sicuro di sé - come se il fatto che Blay avesse dato un tale piacere a qualcun altro gli bastasse senza cercare il proprio.

Ma non era giusto, vero?

"Non credo che riuscirai a muoverti per un po'," disse Blay.

"Può darsi. Ma posso aprire la bocca," rispose Qhuinn cupamente. "Quasi quanto te."

*    *    *   

Certo, l'idea di aver procurato a Qhuinn un orgasmo come quello era maledettamente gratificante, al punto che Blay aveva completamente dimenticato il proprio corpo.

Il fatto era che, dopo così tanti anni in cui gli era stata chiusa la porta in faccia, era una figata pazzesca sentirsi potente nei confronti del ragazzo, essere quello che dettava l'andatura... essere la persona che aveva portato Qhuinn in un luogo erotico e vulnerabile tanto più intenso di qualsiasi altro in cui fosse mai stato. Ed era quello che era successo. Conosceva perfettamente l'espressione del viso e i gemiti che Qhuinn faceva quando veniva, e Blay poteva dire, senza alcuna ombra di dubbio, di non averlo mai visto così esposto, steso sul tappeto, i muscoli del collo tesi dallo sforzo, gli addominali contratti, i fianchi che pompavano a tutta forza.

Qhuinn era venuto per almeno venti minuti.

E ora, che tutto era finito, una strana rivelazione: fino a quel momento, Blay non aveva riconosciuto la maschera di cinismo che Qhuinn indossava tutti i giorni... le sopracciglia aggrottate, il ghigno perenne al lato della bocca, la mascella che non si allentava mai.

Era come se le cattiverie fattegli dalla sua famiglia gli avessero cambiato permanentemente i connotati.

Ma non era vero, no? Durante l'orgasmo, e anche in quel momento, quando le cose si erano calmate, non riusciva a trovare alcuna tensione sul suo viso. La faccia di Qhuinn era come... ripulita da ogni riserva, sembrava molto più giovane, Blay si domandò perché non l'avesse mai notato prima.

"Allora, mi darai qualcosa da succhiare mentre mi riprendo?" chiese Qhuinn.

"Cos...?"

"Ho detto che ho sete. E ho bisogno di qualcosa da succhiare." A quello, Qhuinn si morse il labbro inferiore, la scintillante zanna bianca affondò nella carne. "Vuoi aiutarmi?"

Blay ruotò gli occhi all'indietro. "Sì... certo."

"Allora lasciami guardare mentre ti togli i pantaloni."

Le gambe di Blay lo sollevarono talmente in fretta che ebbe una nuova opinione riguardo le leggi della fisica, e mentre calciava via i mocassini, con mani tremanti sbottonò i pantaloni. Da quel momento le cose andarono molto in fretta. E durante tutto il tempo che si spogliò, era completamente conscio di tutto ciò che c'era nella stanza - soprattutto di Qhuinn. Il maschio era di nuovo eccitato, il sesso duro a dispetto di tutto quello che aveva già passato... quelle cosce muscolose tese e il bacino che ruotava... il ventre così sodo che ogni minimo spostamento del torso si rifletteva sotto la pelle dorata.

"Oh, sì..." sibilò Qhuinn, le zanne che si estendevano dalla mascella superiore, la mano trovò il suo sesso e cominciò ad accarezzarlo lentamente per tutta la lunghezza.

"Eccolo qui."

Blay iniziò ad ansimare, le pulsazioni divennero galoppanti mentre gli occhi spaiati di Qhuinn si bloccarono sul suo sesso.

"Ecco quel che voglio," gemette il maschio, lasciando perdere la propria erezione e allungando entrambe le mani.

Per un attimo, Blay non fu sicuro di quali parti del suo corpo fossero funzionanti. Qhuinn era sdraiato parallelamente al divano, non era che ci fosse molto spazio -

Un ringhio sottile vibrò nell'aria mentre Qhuinn piegava le dita - come se non vedesse l'ora di prendere ciò che voleva.

Fanculo la pianificazione anticipata.

Le ginocchia di Blay obbedirono alla chiamata, piegandosi in avanti, portando il suo peso sul pavimento, accanto alla testa di Qhuinn.

Qhuinn subentrò al comando da lì in poi. Le mani scivolarono e si serrarono, facendo avvicinare Blay così che prima che se ne rendesse conto, aveva un ginocchio dietro la testa del ragazzo e l'altra gamba di lato, di fianco al bacino di Qhuinn.

"Oh... cazzo..." gemette Blay quando sentì il suo sesso tra le labbra di Qhuinn.

Il suo corpo si spostò in avanti fino a che il torace si poggiò ai cuscini del divano -  e fu così che si ritrovò con un massiccio carico per far leva. Appoggiandosi con le braccia sul divano, distribuì il peso del corpo tra le ginocchia, i piedi, e le mani, e poi cominciò a scopare quella fantastica e da sempre amata bocca di Qhuinn.

Il ragazzo lo prese tutto, anche quando Blay si tirava indietro e poi spingeva fino in fondo.

Con le dita di Qhuinn strette al suo culo, e  quell'incredibile suzione, e... Cristo, quel piercing sulla lingua, la cui pallina affondava nella sua erezione ad ogni leccata... Blay iniziò a prepararsi allo stesso tipo di orgasmo goduto da Qhuinn.

Eppure, nella sua testa, si domandava se non stesse facendo male al ragazzo. A quel punto, sarebbe venuto sullo stomaco del suo amico, per l'amor del cielo -

Troppo tardi per preoccuparsene.

Il suo corpo prese il comando, s'irrigidì in una serie di spasmi che gli corsero della spina dorsale fino alle gambe.

E solo quando le sensazioni fuori controllo cominciarono ad affievolirsi, il mondo divenne traballante, come se il suo senso dell'equilibrio fosse stato spazzato via assieme al suo -

No, il mondo era a posto. Qhuinn si era appena sollevato dal pavimento, gli era scivolato via da sotto e gli si stava posizionando dietro...

Quando Qhuinn si spinse dentro lui con una stoccata fulminante, Blay lasciò uscire dalle labbra un gemito che era sicuro fosse stato sentito fino in Canada -

Lo stridio che riempì la stanza gli fece aggrottare la fronte, anche attraverso le spinte e il piacere.

Oh. Stavano spostando il divano.

Vabbè. Se mai l'avessero rotto, quel maledetto,  ne avrebbe comprato un altro; non aveva intenzione di farsi fermare da quello.

Il ritmo dei colpi era punitivo come quello dei suoi - e in quel caso, si merita d'esser ripagato con la stessa moneta. Ad ogni affondo, la sua faccia veniva spinta sui morbidi cuscini; ad ogni ritirata poteva respirare; poi ricominciava tutto daccapo.

Sistemando le gambe in modo che Qhuinn potesse spingersi più a fondo, Blay ebbe la vaga percezione che avevano definitivamente spostato il divano in un'altra posizione; ma chi cazzo se ne fregava fino a non era in fondo al corridoio?

All'ultimo istante, proprio un momento prima che venisse un'altra volta, Blay ebbe la presenza di spirito di afferrare i suoi pantaloni. Scuotendoli per liberare i boxer, lui -

La mano di Qhuinn si allungò, prese le mutande Calvin Klein e gliele passò, assicurandosi che avesse qualcosa su cui venire.

Il momento successivo, il suo petto venne sollevato dal divano e Blay si trovò in ginocchio.

Qhuinn si occupò di tutto, prese in mano l'uccello di Blay, ricoprì il glande - tutto mentre spingeva, spingeva, spingeva...

Vennero nello stesso istante, le urla di entrambi echeggiarono nella stanza.

Nel mezzo dell'orgasmo, Blay guardò per caso in alto. Nel grande specchio antico appeso tra le due finestre di fronte, vide entrambi, come erano uniti... e lo fece venire un'altra volta.

Poi lo spingere forsennato rallentò. Il ritmo cardiaco si calmò. L'affanno prese a scemare.

Nel vetro a piombo dello specchio, vide quando Qhuinn chiuse gli occhi e abbassò la testa. Al lato della gola, Blay sentì il più soffice degli strofinii.

Le labbra di Qhuinn.

E poi la mano libera del maschio salì in alto, fermandosi ad accarezzare i pettorali di Blay -

Qhuinn si raggelò. Balzò indietro. Staccò labbra, il tocco.
"Mi dispiace. Mi dispiace, io... so che non la vivi come me."

Il fatto che sul viso del ragazzo fosse tornata l'espressione cinica, fu come subire un furto.

Eppure Blay non riusciva a dirgli di riavvicinarsi. Qhuinn aveva ragione; nel momento stesso in cui era apparsa la tenerezza, era stato colto dal panico.

La ritirata fu veloce, troppo veloce, e a Blay mancò la sensazione di pienezza e possesso. Ma era il momento di porre fine a tutto ciò.

Qhuinn si schiarì la gola. "Ah... vuoi..."

"Me ne occupo io," biascicò Blay sostituendo la mano di Qhuinn coi boxer spiegazzati sui fianchi.

Durante il sesso, il silenzio nella stanza aveva preservato la privacy. Ora, invece, amplificava i rumori fatti da Qhuinn mentre indossava di nuovo i pantaloni.

Merda.

C'erano cascati di nuovo. E mentre lo facevano, le sensazioni erano state talmente intense e prevaricanti da non poter pensare a nient'altro che il sesso. Subito dopo, Blay aveva sentito troppo freddo con l'aria condizionata a ventuno gradi, altre zone del suo corpo palpitanti dall'uso, le gambe molli e malferme, il cervello annebbiato...

Nulla sembra sicuro o certo. Per niente.

Costringendosi a vestirsi, indossò gli indumenti più in fretta che poté, fino ai mocassini. Nel frattempo, Qhuinn rimise a posto il divano, sistemandone attentamente i piedini nei vuoti lasciati sul tappeto. Mise a posto tre cuscini. Raddrizzò il tappeto orientale.

Era come se niente fosse successo. Ad eccezione dei boxer che Blay stringeva in pugno.

"Grazie," disse Qhuinn con calma. "Io, ah..."

"Sì."

"Quindi... credo...adesso vado."

"Già."

Era tutto.

Beh, a parte la porta che si chiudeva.

Una volta solo, Blay decise di fare una doccia. Mangiare. Dormire.

Invece, restò nel salotto della loro seconda volta a fissare quello specchio, ricordando quel che ci aveva visto riflesso. Nella sua mente, pensò confusamente che non potevano andare avanti in quel modo. Non era emotivamente sicuro per lui; in effetti era l'equivalente di tenere la mano sopra un fornello acceso - solo che ogni volta che riposizionavi la mano sulla fiamma, riducevi la distanza tra la carne e la fonte di calore. Prima o poi, le ustioni di terzo grado sarebbero state il minore dei problemi, perché tutto il fottuto braccio sarebbe andato a fuoco.

Tuttavia, dopo un istante, capì che non stava lottando contro l'istinto di autoconservazione, ma con ciò che aveva dato il via a tutto quello.

Farlo fermare.

Blay si passò una mano tra i capelli. Poi guardò la porta più vicina e aggrottò la fronte, la mente macinava, macinava, macinava...

L'attimo dopo uscì di corsa, a passo svelto.

Poi accelerò.

Infine corse a perdifiato.

   


mercoledì 18 dicembre 2013

Capitolo 39 di Lover at Last di J.R.Ward



Lover at Last

39


Assail tornò a casa mezz'ora prima che sorgesse l'alba. 

Parcheggiando la Range Rover in garage, dovette aspettare fino a che la porta si chiudesse prima di uscire.

Si era sempre considerato un intellettuale - e non nel modo in cui intendeva la glymera, dove uno se ne stava seduto tronfio autoproclamandosi e pontificando su letteratura, filosofia o questioni spirituali. Era più come se ci fosse davvero poco in vita a cui non potesse applicare il suo raziocinio e comprenderne la totalità.

Cosa diavolo era andata a fare quella donna a casa di Benloise?

Di sicuro era una professionista, che aveva sia l'attrezzatura adeguata che la competenza, e aveva pratica nelle strategie d'infiltrazione. Sospettava anche che avesse la planimetria della casa o che fosse stata lì in precedenza. Era così efficiente. Così decisa. E lui era qualificato per giudicare: l'aveva seguita per tutto il tempo che era stata dentro, passando come un fantasma tra le finestre che aveva aperto, restando nell'ombra.

Seguendo le sue tracce da dietro.

Ma questo non riusciva a capirlo: che razza di ladro irrompeva in una casa protetta, trovava una cassaforte, l'apriva con la fiamma ossidrica, e scopriva un mucchio di ricchezze pronte da arraffare... e non rubava nulla? Perché aveva visto benissimo a cosa aveva avuto accesso; non appena lei aveva lasciato lo studio, era tornato indietro, aveva aperto il passaggio segreto seguendo ciò che lei aveva fatto prima, e aveva usato la propria torcia a stilo per guardare nella cassaforte.

Solo per capire cosa, semmai, si era lasciata alle spalle.
Quando era tornato nella casa vera e propria, evitando ogni pozza di luce, l'aveva vista fermarsi per un istante all'ingresso principale, con le mani sui fianchi, ruotare la testa lentamente, come se stesse considerando le varie possibilità.

E poi era avvicinata a quello che doveva essere un Degas... e aveva ruotato la statua solo di pochi centimetri o giù di lì verso sinistra.

Non aveva alcun senso.

Ora, era possibile che nella cassaforte stesse cercando qualcosa di preciso che di fatto non c'era. Un anello, un gingillo, una collana. Un chip per computer, una scheda di memoria, un documento tipo testamento e ultime volontà o una polizza d'assicurazione. Ma il ritardo nell'ingresso non era stato un tratto della sua precedente alacrità... e poi aveva spostato la statua?

La sola spiegazione era che doveva essere una deliberata violazione alla proprietà di Benloise.

Quando si sfogava la vendetta contro oggetti inanimati, il problema era che diventava difficile trovare un significato nelle sue azioni. Butta a terra la statua, allora. Prendi quella dannata cosa. Imbrattala di oscenità scritte con la vernice spray. Colpiscila con un piede di porco in modo da rovinarla. Ma una minuscola rotazione a malapena visibile?
L'unica conclusione a cui era arrivato è che era una specie di messaggio. E non gli piaceva per niente.

Dava a intendere che conoscesse Benloise personalmente.
Assail aprì lo sportello dal lato del conducente -

"Oh, Dio," sibilò, indietreggiando.

"Ci stavamo domandando quanto avessi intenzione di startene là dentro."

Mentre la voce secca scemava, Assail scese dall'auto e fece scorrere lo sguardo nel garage che ospitava cinque automobili con disgusto.

La puzza era qualcosa tra la carcassa di un animale morto da tre giorni, maionese andata a male, e uno scadente profumo senza alcol.

"È quel che penso che sia?" chiese ai cugini, che stavano sulla soglia dell'ingresso.

Grazie alla Vergine Scriba, si fecero avanti e chiusero la porta che dava alla casa - o quel nauseabondo odore sarebbe permeato all'interno.

"Sono i tuoi spacciatori. O meglio, dei loro pezzi."

Che. Diavolo.

A grandi passi Assail andò nella direzione indicata da Ehric - l'angolo opposto, dove c'erano tre sacchi di plastica verde scuro ammucchiati a casaccio. Abbassandosi, slegò il nastro giallo di una di esse, l'aprì e...

Vide gli occhi senza vita di un maschio umano che riconobbe.

La testa immobile era stata recisa dalla spina dorsale a quasi dieci centimetri al di sotto della mascella, ed era sistemata in modo da poter guardare fuori a quella bara molliccia. I capelli scuri e la pelle rossastra erano imbrattati di sangue lucido e nero, e se l'odore era stato rivoltante in auto, da vicino gli faceva lacrimare gli occhi e la gola si stringeva in segno di protesta.

Non che gliene fregasse qualcosa.

Aprì le altre due buste e, usando i sacchetti della Hefty come protezione, ruotò le teste nella stessa posizione.
Poi si sedette e li fissò, guardò quelle bocche spalancate come se cercassero inutilmente aria.

"Ditemi cos'è successo," disse in tono cupo.

"Ci siamo presentati dove avevamo organizzato l'incontro."

"Pista da pattinaggio, al parco lungo il fiume, o sotto al ponte."

"Al ponte. Siamo arrivati -" Ehric fece segno al suo gemello, che se ne stava guardingo e in silenzio accanto a lui - "in orario con la merce. Dopo cinque minuti, si presentano quei tre."

"Come lesser."

"Avevano i soldi ed erano pronti a concludere la transazione."

Assail voltò la testa. "Non erano venuti ad attaccarvi?"

"No, ma non l'abbiamo capito fino a che non è stato troppo tardi." Ehric si strinse nelle spalle. "Erano assassini sbucati dal nulla. Non sapevamo quanti ce n'erano e non volevamo correre rischi. Questo fino a che abbiamo perquisito i corpi e trovato la somma esatta di denaro, allora abbiamo capito che erano venuti a trattare."

Lesser in commercio? Questa era nuova. "Avete pugnalato i corpi?"

"Abbiamo preso le teste e nascosto quel che era rimasto. I soldi erano nello zaino di quello a sinistra, e ovviamente, li abbiamo portati a casa."

"Cellulari?"

"Presi."

Assail fece per tirar fuori un sigaro, ma non voleva rovinarne il gusto. Chiuse di nuovo i sacchetti, si allontanò da quella carneficina. "Siete sicuri che non avevano intenzioni di aggredirvi?"

"Non erano equipaggiati per difendersi."

"Non essere ben armati non significa che fossero lì per uccidervi."

"Allora perché portare i soldi."

"Potevano fare affari da qualche altra parte."

"Come ho già detto, la somma era esatta, non un centesimo in più."

All'improvviso, Assail si mosse nella loro direzione per entrare in casa, e oh, il sollievo che ricevette dall'aria pulita! Coi pannelli che lentamente scendevano a coprire le vetrate, e l'avvento dell'alba scongiurato, andò al mobile bar, prese una doppia magnum di Bouchard Père et Fils, Montrachet, annata 2006 e la stappò.

"Volete unirvi a me?"

"Naturalmente."

Si sedette al tavolo rotondo della cucina con tre bicchieri e una bottiglia. Facendolo sgorgare su di loro, divise lo chardonnay coi suoi due soci.

Non offrì ai suoi cugini nessuno dei suoi Cubani. Valevano troppo.

Fortunatamente, le sigarette facevano il loro effetto e si sedettero tutti insieme a fumare e sorseggiare dai bordi affilati dei suoi bicchieri in cristallo Baccarat.

"Nessun attacco da parte di quegli assassini," mormorò, sollevando la testa ed esalando, una voluta di fumo azzurrognolo salì verso l'alto.

"E la somma esatta."

Dopo diverso tempo, gli occhi tornarono a livello. "È mai possibile che la Lessening Society stia cercando di entrare in affari con me?"

*    *    *

Xcor era seduto da solo a lume di candela.
Il magazzino era silenzioso, i suoi soldati non erano ancora rientrati, nessun uomo o Ombra gli camminava sulla testa. L'aria era gelida; lo stesso riguardo al pavimento sotto di lui. Era tutto buio, ad eccezione della piccola pozza di luce dorata da cui era lontano.

Alcuni pensieri nella sua testa lo avvisavano che si stava avvicinando pericolosamente l'alba. C'era anche qualcos'altro, qualcosa che avrebbe dovuto ricordare.

Ma non c'era verso di superare quell'annebbiamento.

Con gli occhi concentrati sull'unica fiamma davanti a lui, rivide la notte passo per passo.

Dire che aveva trovato il quartier generale della Confraternita era forse un'estensione della verità - ma non una completa bugia. Aveva seguito quella Mercedes che s'inoltrava nella campagna chilometro dopo chilometro, senza nessun piano concreto su ciò che poteva o doveva fare una volta fermatasi... quando dal nulla, il segnale del suo sangue nel corpo dell'Eletta non era scomparso, ma brutalmente dirottato - proprio come una palla che, lanciata contro un muro, cambiava violentemente la sua traiettoria.

Confuso, si era smaterializzato alla rinfusa avanti e indietro - quando all'improvviso, uno strano timore l'aveva invaso, come se la sua pelle fosse diventata un'antenna per il pericolo e lo stesse avvisando dell'imminente minaccia.

Tornando indietro, si era ritrovato alla base di una montagna, la cui sagoma, anche sotto il luminoso chiaro di luna, appariva offuscata, indistinta, confusa.

Doveva essere la loro base.

Probabilmente sulla cima, o sull'altro versante.

Non c'erano altre spiegazioni - dopotutto, la Confraternita viveva col re per proteggerlo... quindi, senza ombra di dubbio, avevano preso delle precauzioni che nessun altro avrebbe preso, e forse disponevano anche di apparecchiature tecnologiche al pari di protezioni mistiche altrettanto inaccessibili.

Agitato, aveva girato nei dintorni e attorno alla base della montagna più e più volte, percependo soltanto la rifrazione del segnale di lei e quella strana paura. la sua conclusione definitiva era che lei doveva essere da qualche parte in quella vasta immensa distesa di acri: l'avrebbe percepita se l'avesse superata, se fosse uscita dall'altra parte, e pareva ragionevole presumere che se fosse andata nel sacro tempio, su un altro piano esistenziale, o - il Fato ce ne scampi e liberi - se fosse morta, la risonanza che vibrava in lui sarebbe scomparsa.
La sua Eletta era ancora là, da qualche parte.

Tornando nel magazzino, al presente, dove si trovava in quel momento, Xcor si massaggiò i palmi delle mani l'uno con l'altro lentamente, il raspare dei calli risuonò nel silenzio. Alla sua sinistra, al limite dell'alone di luce della candela, era esposte le sue armi, una ad una, i pugnali, le pistole, e la sua amata falce sistemata con cura vicino a un mucchio scomposto di indumenti che si era tolto non appena aveva scelto quel punto preciso del pavimento.

Si concentrò sulla falce e attese che gli parlasse: lo faceva spesso, la sete di sangue dell'arma andava di pari passo con l'aggressività che scorreva nelle vene di Xcor, definiva i suoi pensieri e motivava le sue azioni.

Attese che gli dicesse di attaccare la Confraternita nella loro base. Dove tenevano le loro femmine. Dove dormivano i loro bambini.

Il silenzio era preoccupante.

Certo, il suo arrivo nel Nuovo Mondo era stato dettato dal desiderio di ottenere il potere, e la più grande e sfrontata espressione di ciò che lo guidava era detronizzare la reggenza - così, naturalmente, quella era la strada che aveva scelto. E stava andando avanti. Il tentato omicidio in autunno, che aveva senza dubbio messo una sentenza di morte sulla sua testa e quella dei suoi soldati, era stata una mossa tattica che aveva quasi messo fine alla guerra ancor prima che iniziasse. E i suoi continui sforzi con Elan e la glymera stavano sostenendo il suo programma e supportando a suo favore tra i membri dell'aristocrazia.

Ma quello che aveva imparato quella notte...

La fatalità, quasi un anno di lavoro, sacrificio, pianificazione e combattimento impallidiva in confronto a quel che aveva scoperto questa notte.

Se il suo presentimento era corretto - e come avrebbe potuto non esserlo? - tutto ciò che doveva fare era condurre i suoi soldati e dare il via a un assedio non appena fosse scesa la notte. La battaglia sarebbe stata epica, e la casa della Confraternita e della Prima Famiglia sarebbe stata permanentemente compromessa non importava l'esito.

Il conflitto sarebbe stato raccontato nei libri di storia - dopotutto, l'ultima volta che la proprietà reale era stata colpita era stato quando il padre di Wrath e la mahmen erano stati fatti a pezzi prima della sua transizione.

La storia si ripeteva.

E lui e i suoi soldati avevano un bel vantaggio che quegli assassini allora non avevano posseduto: ora la molti membri della Confraternita erano sposati. In effetti, credeva che lo fossero tutti - e quello avrebbe distolto l'attenzione di quei maschi e la lealtà come null'altro avrebbe potuto fare. Sebbene il loro ordine primario come guardia personale del re fosse proteggere Wrath, nel loro interno si sarebbero sentiti distruggere, e anche il più forte dei combattenti con le migliori armi si sarebbe indebolito se le sue priorità fossero state in due posti diversi.

Inoltre, se Xcor o uno dei suoi maschi avesse potuto mettere le mani anche solo su una di quelle shellan, la Confraternita sarebbe crollata - perché un'altra verità su loro era che il dolore dei loro Fratelli era la loro stessa agonia.

Avevano bisogno soltanto di una loro femmina, come ultima risorsa.

Lo sapeva nel profondo della sua anima.

Seduto al lume di candela, Xcor si sfregò le mani, l'una contro l'altra, avanti e indietro.

Una femmina.

Era tutto ciò di cui aveva bisogno.

E sarebbe stato in grado di reclamare non solo la propria compagna... ma anche il trono.