mercoledì 31 luglio 2013

Traduzione Capitolo 18 di Lover at Last di J.R.Ward


Lover at Last

18


"No. Cazzo, no."
Qhuinn era d'accordo con Z riguardo alla brillante idea di Rhage.

Il loro gruppetto si era fiondato tra i boschi, con Rhage che si sobbarcava la maggior parte del peso del corpo di Z mentre tutti gli altri li proteggevano in cerchio, pronti a far fuori chiunque o qualunque cosa li minacciasse dai margini.

Erano appena tornati all'hangar e la soluzione di Hollywood riguardo al loro problema di mobilità sembrava più una complicanza con effetti mortali, un qualcosa che sicuramente non aiutava.

"Quanto può essere difficile pilotare un aereo?" Quando tutti, compreso Z, lo guardarono, Rhage si strinse nelle spalle. "Che c'è? Gli umani lo fanno sempre."

Z si massaggiò il petto e si accasciò lentamente a terra. Dopo aver preso fiato, scosse la testa. "Prima di tutto, non sai se... quella dannata cosa... possa volare. Probabilmente è senza carburante... e tu non hai mai volato prima."

"Vorresti dirmi qual è l'altra opzione, allora? Siamo ancora lontani miglia da un qualsiasi punto di recupero, tu non stai migliorando e noi possiamo subire un'imboscata. Lasciami almeno entrare dentro a vedere se riesco a far partire il motore."

"È una cazzata."

Nel silenzio che seguì, Qhuinn fece due conti e lanciò un'occhiata all'hangar. Dopo un momento disse, "Ti copro io. Facciamolo."

Morale della favola, Rhage aveva ragione. La marcia di quella fuga stava durando troppo, e quel lesser era scomparso prima che lo pugnalassero.

Che l'Omega avesse dato ai suoi ragazzi dei poteri speciali?

Vabbè - un combattente intelligente non sottovalutava mai il nemico - specialmente quando uno dei suoi era fuori gioco. Dovevano portare Z in salvo, e se questo significava un trasporto aereo, cazzo, sarebbe stato così.

Lui e Rhage entrarono nell'hangar uno dietro l'altro e accesero le torce. L'aereo era proprio dove lo avevano lasciato nell'angolo posteriore, sembrava il figliastro più brutto di qualche modello da trasporto più grazioso che aveva da tempo abbandonato la scena. Avvicinandosi, Qhuinn vide che il carburante c'era e che poteva tirarlo fuori per fare un giro benché le ali fossero piene di polvere.

Il fatto che il cardine del portello cigolasse con un lamento quando Rhage l'aprì era poco meno di una buona notizia.

"Merda," mormorò Rhage indietreggiando. "Puzza come se ci fosse morto qualcuno dentro."

Cavolo, doveva essere una cazzo di puzza se il Fratello la distingueva dal resto dell'odore all'interno dell'hangar.
Forse non era stata una buona idea.

Prima che Qhuinn potesse offrirsi di dare una ripassata al tanfo, Rhage si trasformò in un pretzel e si ficcò nell'apertura ovale.

"Santa merda - chiavi. Ci sono le chiavi - ci credete?"
"E il carburante?" Qhuinn borbottò facendo girare il fascio di luce in un ampio cerchio, ma non c'era niente su quel pavimento sporco.

"Fa' un passo indietro, figliolo," esclamò Rhage uscendo dalla cabina di pilotaggio. "Ora provo ad accendere questa vecchia signora."

Qhuinn non si mosse, ma andiamo! Come se quattro metri e mezzo avrebbero fatto la differenza se quella cosa fosse andata in fiamme.
L'esplosione fu forte, il fumo denso, e il motore tossicchiò dallo sforzo meccanico. Ma la merda mica finiva lì. Più lasciavano che il motore girasse, più la tosse aumentava.

"Dobbiamo uscire di qui prima di morire asfissiati," urlò Qhuinn verso l'aereo.
Proprio al momento giusto, Rhage doveva avere messo in funzione quella cosa, perché l'aereo si mosse in avanti con un lamento come se ogni dado e vite del corpo gli facessero male.

E quella cosa stava per prendere il volo?

Qhuinn corse alla doppia porta chiusa. Aggrappandosi a un lato, usò tutta la sua forza per aprirla, diversi lucchetti e serrature volarono via.
Sperava che l'aeroplano non prendesse ispirazione da quei frammenti.

Alla luce della luna, le facce di John e Blay erano assolutamente impagabili mentre davano un'occhiata al loro piano di fuga - e lui sapeva da dove venivano.
Rhage frenò. "Carichiamolo su."

Silenzio. Beh, a parte l'ansimare dell'aereo dietro di loro.
"Non lo farai decollare," disse Qhuinn, quasi a se stesso.
Rhage aggrottò la fronte nella sua direzione. "Scusami?"
"Sei troppo importante. Se quella cosa si schianta, non possiamo perdere due Fratelli. Non succederà. Io sono sacrificabile, tu no."

Rhage aprì la bocca come per controbattere. Ma la richiuse con una strana espressione sul suo bellissimo volto.
"Ha ragione," disse Z cupo. "Non posso metterti in pericolo, Hollywood."
"Fanculo, posso smaterializzarmi dalla cabina di pilotaggio se -"
"E tu credi che ci riusciresti mentre andiamo giù in una spirale? Stronzate -"

Una sventagliata di proiettili venne dagli alberi, fumando tra la neve, sibilando nelle orecchie.
Tutti si prepararono all'azione.

Qhuinn si calò nell'aereo al posto di guida e cercò di dare un senso a tutto quel... porca merda, c'erano un sacco di quadranti. L'unica fortuna che aveva era che -
Rat-tat-tat-tat!
- aveva visto abbastanza film da sapere che la leva con l'impugnatura era l'acceleratore e il cravattino - quel timone sagomato che tiravi su per andare su, e spingevi giù per andare giù.

"Cazzo," mormorò tenendosi basso quanto più poteva.
Dagli scoppiettii che seguirono, John e Blay stavano rispondendo al fuoco, così Qhuinn si raddrizzò e diede un'occhiata alla fila di strumentazioni. Decise che quello con l'icona della piccola tanica di benzina era quello che stava cercando.

Solo un quarto di serbatoio. E la merda principale era che probabilmente era anche mezzo condensato.
Era davvero una pessima idea.
"Portatelo qui!" Qhuinn indicò urlando il sedile vuoto alla sinistra.
E Rhage si mise in moto, lanciando Zsadist nell'aereo con tutta la gentilezza di uno scaricatore di porto. Il Fratello atterrò malamente, ma almeno imprecava - segno che era abbastanza in sé da sentire dolore.

Qhuinn non aspettò nessuna chiusura di porta. Tolse il piede dal freno e pregò di non finire nella neve -
Metà del parabrezza di vetro gli si distrusse in faccia, il proiettile colpevole del danno rimbalzò nel cockpit, il whiff! dal sedile accanto a lui gli disse che il poggiatesta aveva catturato la pallottola. Che era meglio del suo braccio, o del cranio.

L'unica buona notizia era che anche l'aereo sembrava pronto a prendere il volo, il motore di quel culo arrugginito roteò l'elica a tutta velocità come se sapesse che lasciare il suolo era la sola via di salvezza.
Fuori ai finestrini laterali, il paesaggio  cominciò a scorrere, e lui si orientò al centro di quella "via di fuga" tenendo gli alberi ai lati equidistanti.

"Tieniti," urlò sopra il frastuono.
Il vento s'infilava nella cabina di pilotaggio con la forza di un ventilatore industriale riempiendo lo spazio dov'era il pannello di vetro, ma non contava di andare abbastanza in alto da richiedere la pressurizzazione.
A quel punto voleva solo sgombrare dalla foresta avanti a loro.

"Andiamo, piccola, puoi farcela... andiamo..."
Dovette abbassare la leva dell'acceleratore e dire al suo braccio di lasciare la presa - no che non avesse più energia, ma rompere quella dannata cosa li avrebbe fottuti ancora di più.
Il frastuono divenne insostenibile.

Gli alberi presero a scorrere sempre più veloci.
I rimbalzi divennero più violenti, al punto da far battere i denti, e lui pensò che una o entrambi le ali si sarebbero scardinate, mandandoli tra la neve.
Non c'era più tempo da perdere, Qhuinn tirò indietro più forte che poté la leva di comando, stringendola saldamente, come se bastasse a tenere insieme tutto il corpo dell'aereo -

Qualcosa cadde dal tetto e volò nella direzione di Z.
Una mappa? Il manuale d'uso? Chi cazzo lo sapeva.
Cavolo, quegli alberi che prima erano così lontani si stavano facendo mooolto vicini.
Qhuinn tirò ancora di più la leva, nonostante il timone fosse lontano da lui al massimo delle sue possibilità - il che era davvero un peccato, perché non avevano più pista  ed erano ancora a terra.

Rumori di strisciate vennero dalla pancia dell'aereo, come se le sterpaglie volessero cercare di raggiungere la cromatura d'acciaio.
E gli alberi si avvicinavano ancora di più.
Il suo primo pensiero mentre guardava la morte in faccia fu che non avrebbe mai visto sua figlia. Almeno non da questo lato del Fado.

Il suo secondo e ultimo fu che non poteva credere di non aver mai detto a Blay di amarlo. In ogni minuto e ora e notti della sua vita, in tutte le parole che aveva detto al maschio negli anni in cui si erano conosciuti, lo aveva solo allontanato.

E ora era troppo tardi.
Idiota. Che cazzo d'idiota che era stato.
Perché era sicuro come l'inferno che la sua tessera bibliotecaria era stata preparata quella sera.
Raddrizzandosi in modo che la tempesta fredda lo colpisse in viso, Qhuinn  fissò lo sguardo attraverso la corsa, immaginando quei pini dinanzi a lui che non poteva vedere perché gli occhi erano pieni di lacrime a causa del vento. Aprì la bocca e urlò come un dannato, aggiungendo la sua voce alla bufera.

Dannazione, non sarebbe andato giù come un fifone. Niente giù la testa, nessun patetico Oh-ti-prego-Signore-salvamiiii. Fanculo. Avrebbe affrontato la morte a zanne scoperte, col corpo teso e il cuore palpitante non dalla paura, ma da un intero carico merci di...
"Colpiscimi, Grande Mietitrice!"

*         *         *

Quando Qhuinn provava ad alzarsi in volo, Blay aveva la canna della pistola puntata verso gli alberi e continuava a sparare come se avesse una riserva illimitata di piombo - che non aveva.

Un cazzo di casino. Lui, John e Rhage erano senza rinforzi; non c'era modo di sapere quanti assassini ci fossero in quei boschi; e per l'amor di Dio, tutto quello che quell'antico aeroplano stava facendo era lasciare una nube tossica di fumo al suo risveglio mentre andava a passo svelto come se fosse una passeggiata domenicale.

Oh, e quel Piano Operativo di Sicurezza era ben lontano dall'essere a fottuta prova di proiettile, ma evidentemente aveva del carburante.
Qhuinn e Z non ce l'avrebbero fatta. Si sarebbero schiantati in quella foresta alla fine del campo - presumendo che non sarebbero saltati in aria prima.

In quell'istante, quando sapeva che in un modo o nell'altro un incendio era imminente, lui si divise a metà. La sua parte fisica restò ancorata al respingere l'attacco, le braccia dritte in fuori,  gli indici che sparavano fuori le pallottole, gli occhi e le orecchie che seguivano i rumori e la vista dei lampi dalla canna e i movimenti del suo nemico.

L'altra parte di lui era in quell'aeroplano.
Era come se stesse guardando la propria morte. Riusciva a immaginare chiaramente le vibrazioni violente dell'aereo, i sobbalzi fuori controllo sul terreno, e la vista di quella fila di alberi venirgli incontro - sicuro come se stesse guardando con gli occhi di Qhuinn e non coi propri.

Quello spericolato figlio di una puttana.
C'erano state così tante volte in cui Blay aveva pensato: Adesso si fa ammazzare.
Così tante volte fuori e sul campo.
Ma ora era la volta buona -
Il proiettile lo colpì alla coscia, e il dolore che si propagò dalla gamba al suo cuore gli disse chiaro e tondo che doveva prestare tutta la sua attenzione al combattimento. Se voleva vivere, doveva concentrarsi.

Tuttavia anche mentre la sicurezza lo colpiva, c'era stato un mezzo secondo in cui aveva pensato: Facciamola finita ora. Basta con tutte le stronzate e le punizioni della vita, i ci siamo quasi, i se solo, l'implacabile agonia cronica in cui era stato... era così stanco di tutto quanto...
Non aveva idea di cosa gli fece colpire la neve.

Un attimo prima stava fissando l'aereo in attesa di vederlo esplodere in mille pezzi. Quello successivo era col torace a terra, i gomiti infossati nella terra ghiacciata, la gamba ferita che pulsava.
Pop! Pop! Pop -
Il rombo fu interrotto dal rumore dei proiettili talmente forte che abbassò la testa, come se volesse evitare la palla di fuoco della fusoliera in fiamme.
Ma non c'era né luce né calore. E il suono veniva dall'alto...

In quota. Quel secchio di viti era in aria. Sopra di loro.
Blay attese un secondo prima di guardare su, giusto nel caso che fosse stato colpito alla testa e la sua percezione della realtà fosse fottuta. Ma no - quel pezzo di merda di aereo agricolo era in cielo, fece un'ampia virata e partì nella direzione che, se fosse rimasto in quota, avrebbe portato Qhuinn e Z al complesso della Confraternita.
Se erano fortunati.

Cavolo, quel passaggio volante non era il massimo - non era un'aquila che andava dritta nel cielo notturno. Era più come una rondinella appena uscita dal nido - con un'ala rotta -
Avanti e indietro. Avanti e indietro, da lato a lato.
Da quel punto pareva più come se avessero fatto l'impossibile a decollare... solo per un veloce schianto e un bruciare nella foresta...

Dal nulla, qualcosa lo prese al lato del viso, colpendolo così forte che s'inarcò all'indietro e quasi perse la presa sulle sue calibro quaranta. Una mano - era stata una mano che aveva preso il suo bel faccino come una palla da basket.

E poi un peso massimo gli saltò sul petto, schiacciandolo sul manto nevoso, facendolo esalare così forte che si domandò se doveva guardarsi attorno per cercare il suo fegato.
"Vuoi tenere giù questa cazzo di testa?" sibilò Rhage al suo orecchio. "Stai per essere colpito - di nuovo."
Mentre l'interruzione dello sparare passava da pochi secondi a un intero minuto, i lesser emersero dagli alberi di fronte, il quartetto di assassini avanzava attraverso la neve con le armi tese e pronte.

"Non muoverti," sussurrò Rhage. "Bastiamo in due a giocare questa partita."
Blay fece del suo meglio per non respirare pesantemente quanto il bruciore nei polmoni richiedeva di fare. Provò anche a non starnutire mentre i fiocchi di neve gli pizzicavano il naso a ogni inalazione.
Aspetta.
Aspetta.
Aspetta.
John era a un metro di distanza, sdraiato in una posizione contorta che fece sobbalzare il cuore di Blay -
Il ragazzo alzò velocemente i pollici in alto, come se gli stesse leggendo nella mente.
Grazie. Cazzo.

Blay fece correre lo sguardo intorno senza cambiare l'imbarazzante angolazione della testa e, con discrezione, scambiò una delle pistole con un pugnale.
Quando un ronzio forzato iniziò a vibrare nella sua testa, calibrò i movimenti dei lesser, le traiettorie, le armi. Aveva quasi terminato i proiettili, e non c'era tempo di prendere il caricatore pieno dalla cintura - e sapeva che John e Rhage erano nella stessa situazione.

I coltelli che V aveva fatto a mano per ognuno di loro erano la loro unica risorsa.
Più vicino... più vicino...
Quando gli assassini arrivano a portata d'armi, il suo tempo fu perfetto. Come quello degli altri.
Con una mossa coordinata e improvvisa, si alzò in piedi e pugnalò i due più vicini a lui. John e Rhage presero gli altri -

Quasi subito, altri assassini uscirono dai boschi, ma per qualche ragione, probabilmente perché la Lessening Society non armava bene le reclute, non c'erano proiettili. La seconda ondata arrivò attraverso la neve col tipo di armi che ti aspetti in uno scontro nei vicoli - mazze da baseball, piedi di porco, chiavi inglesi, catene.

Buon per lui.

Era talmente incazzato che preferiva fare a pugni.

martedì 23 luglio 2013

Traduzione Capitolo 17 di Lover at Last di J.R.Ward


Lover at Last

17

Xcor non se l'aspettava.
Mentre si materializzava coi suoi soldati nel posto prestabilito dove si sarebbero nutriti, credeva si sarebbe trattato di una proprietà dimessa o forse sulla via della perdizione, un posto comunque in uno stato tale che una femmina era costretta a vendere sia le vene che il sesso per rimanere a galla.

Niente di tutto questo.

Il circondario della villa rispecchiava tutti gli standard abituali della glymera, la grande casa che si stagliava in cima alla collina brillava di una luce calda, i terreni erano curati alla perfezione, il piccolo cottage per la servitù visibile dal cancello in perfette condizioni a scapito dell'ovvia età.

Era forse un parente minore su una grande linea di sangue?

"Chi è questa femmina?" chiese a Throe.
Il suo secondo in comando scrollò le spalle. "Non conosco personalmente la sua famiglia. Ma ho verificato che fosse una linea di sangue di valore."

Tutto intorno, i suoi guerrieri erano sulle spine, gli stivali da combattimento colpivano il manto nevoso sotto i loro piedi mentre si rimettevano in posizione, i respiri passavano attraverso le narici come se fossero cavalli da corsa ai cancelli di partenza.

"Mi domando se sappia chi l'ha assoldata," mormorò Xcor, non preoccupandosi granché se la femmina se lo chiedesse o meno.
"Vado?" chiese Throe.
"Sì, prima che gli altri perdano il controllo e irrompano in quel suo bel cottage."

Throe si materializzò davanti a una pittoresca porta principale a forma d'arco con una piccola lanterna sopra, qualcosa che uno si aspetterebbe di trovare in una casa di bambole. La mano destra del maschio non era comunque colpita dall'incanto. La luce si spense grazie alla volontà di Throe,  e il soldato bussò forte e veloce sull'uscio, era una pretesa, non una richiesta.

Qualche istante dopo, la porta si aprì. La luce del fuoco nel camino illuminò la notte, i raggi giallo oro così intensi che avrebbero potuto sciogliere il manto di neve-e proprio al centro di quella luce, si stagliava il profilo di una femmina scura e piena di curve.

Era nuda. E il profumo che arrivò loro oltre la brezza ghiacciata indicava che era davvero pronta.
Zypher ringhiò sommessamente.
"Aguzzate l'ingegno," comandò Xcor. "Nel caso in cui la vostra fame sia usata come un'arma contro di noi."

Throe parlò alla femmina e poi mise la mano nella tasca interna per tirar fuori i soldi. Lei accettò ciò che le veniva dato, poi allungò un braccio in alto contro lo stipite della porta, inarcando il corpo in modo che un seno venisse inondato la luce soffusa.

Throe lanciò un'occhiata oltre la spalla e annuì.
Gli altri non aspettarono ulteriori inviti. I soldati di Xcor si avvicinarono alla porta, i corpi maschili enormi ed erano talmente tanti, che la femmina fu immediatamente oscurata.

Con un'imprecazione, anche Xcor si avvicinò.
Zypher naturalmente andò per primo, baciandole la bocca e stringendole i seni, ma non era il solo. I tre cugini litigarono per la posizione, uno andò dietro e inarcò i fianchi, come se si stesse sfregando il membro contro il culo della femmina, gli altri due raggiunsero i capezzoli e il sesso, le mani che s'insinuavano mentre l'assediavano.

Throe parlò coprendo i gemiti. "Resterò fuori di guardia."
Xcor aprì la bocca per dargli un altro comando, poi realizzò che dirlo lo avrebbe fatto passare per uno che voleva evitare la scena e non era una cosa molto virile.
"Sì, vai," borbottò. "Io controllerò l'interno."

I suoi maschi presero la femmina, le mani che di solito stringevano i pugnali le tennero le braccia, le cosce, la vita, e insieme la portarono indietro verso quella prigione confortevole. Fu Xcor a chiudere la porta e ad assicurarsi che non ci fosse alcun dispositivo per rinchiuderli. Fu sempre lui a controllare l'interno del cottage.

I suoi bastardi portarono il loro pasto verso il camino, dove il pavimento era coperto da un grande tappeto di pelliccia, lui si chinò verso la finestra più vicina, sollevò la tenda e controllò il pannello di vetro. Vecchio e piombato, coi montanti in legno, niente acciaio.
Non era sicura. Bene.

"Qualcuno venga dentro me," gemette la femmina con la voce roca.
Xcor non si preoccupò di verificare se l'accontentassero o meno-sebbene i suoi continui gemiti suggerivano che l'avessero fatto. Invece andò in cerca di altre porte o posti dove era possibile tendere un'imboscata. Sembrava non essercene nessuno.

Il cottage non aveva il secondo piano, lo scheletro del tetto s'inarcava sopra le loro teste e c'era solo un piccolo bagno la cui porta era aperta, e la luce lasciata accesa mostrò la vasca da bagno con le zampe di leone e un lavabo vecchio stile.

La cucina a giorno non era altro che un bancone e qualche elettrodomestico.
Xcor guardò verso gli uomini. La femmina era sdraiata sulla schiena, le braccia a formare una T verso l'esterno, il collo esposto e le gambe spalancate. Zypher la stava scopando e spingeva con ritmo dentro di lei, facendole andare la testa avanti e indietro sul pelo bianco mentre lei accoglieva i colpi. Due dei cugini erano attaccati ai suoi polsi e l'ultimo aveva tirato fuori il membro e le stava scopando la bocca.

Certo, era rimasta qualche parte di lei che non fosse coperta da un vampiro maschio, e il suo piacere nell'essere usata era ovvio non solo a vista, ma anche all'orecchio. Attorno all'erezione che entrava e usciva dalle sue labbra piene, il respiro affaticato e i gemiti erotici riempirono l'aria tiepida  profumata di sesso.

Xcor andò verso il lavabo della cucina. Non c'era nulla negli scarichi, nessun resto di un pasto, nemmeno bicchieri mezzi vuoti. Tuttavia c'erano dei piatti nelle credenze, e quando aprì il frigorifero taglia europea, ci trovò delle bottiglie di vino bianco sdraiate sui ripiani.

Un'imprecazione maschile riportò il suo sguardo nella sala giochi. Zypher stava avendo un orgasmo, il corpo chino in avanti e la testa all'indietro-e nel mezzo della liberazione, uno dei cugini lo tolse di mezzo e prese il suo posto, tirando a sé i fianchi della femmina e sprofondando la sua eccitazione nel suo sesso umido e rosa.

Almeno Zypher pareva completamente soddisfatto di cambiare posizione; scoprì le zanne, si ficcò al di sotto del petto del suo compagno e morse il seno della femmina in modo da potersi nutrire vicino al capezzolo.
Quello nella bocca della femmina venne anche lui, e lei ingoiò il suo sperma, ciucciando la testa del membro del guerriero con delle succhiate disperate, poi lo lasciò andare e si leccò le labbra come se avesse ancora fame.

Presto qualcun altro si sentì obbligato a soddisfarla e un'altra erezione si spinse tra le sue labbra, il ritmo dei contraccolpi di ciò che stava succedendo tanto alla sua testa quanto tra le sue gambe la fece andare avanti e indietro in un modo che sembrava che stesse per venire.

Xcor ricontrollò la porta del bagno, ma il suo primo giudizio era esatto: non c'era alcun posto dove nascondersi.
Una volta terminato il suo compito, tornò all'angolo che offriva la miglior visuale per assistere al nutrimento. 

Quando le cose si fecero più intense, i suoi soldati abbandonarono quella parvenza di civiltà che avevano, colpendosi l'un l'altro come leoni su una preda appena abbattuta, le zanne lampeggianti, gli occhi feroci mentre cercavano un accesso. Tuttavia non persero completamente la testa. E si presero cura della femmina.
Subito dopo, qualcuno di loro si aprì una vena e l'avvicinò alle labbra di lei.

Xcor abbassò gli occhi sugli stivali e permise alla sua visione periferica di monitorare i dintorni.
C'era stato un tempo in cui si sarebbe eccitato a quella vista-non perché fosse particolarmente attratto dal sesso, era più come quando uno stomaco brontola per la fame alla vista del cibo.

E, di conseguenza, nel passato, quando aveva sentito il bisogno di prendere una femmina, l'aveva fatto. Di solito al buio, naturalmente, così che la cara ragazza non si sarebbe offesa oppure spaventata.

Poteva immaginare bene le sofferte espressioni maschili nei loro spasmi erotici, ma facevano poco per migliorare il suo aspetto.

Ora, invece? Si sentiva stranamente distaccato da tutto, come se stesse guardando una squadra di maschi spostare dei mobili pesanti, o forse rastrellare un prato.
Era colpa della sua Eletta, naturalmente.

Aver poggiato le labbra contro la sua pelle pura, averla guardata in quei luminosi occhi verdi, aver sentito il suo delicato profumo, non gliene poteva fregar di meno delle grandi capacità di quella femmina vicino al fuoco.

Oh, la sua Eletta... non poteva credere che esistesse una tale grazia, e più di tutto, non avrebbe mai presunto di poter essere toccato così in profondità da ciò che era antitetico a se stesso. Lei era il suo opposto, dolce e generosa, mentre lui era brutale e imperdonabile, bellissima contro la sua bruttezza, eterea contro il suo sudiciume.

Non c'era niente da fare.

Ecco, anche il ricordo dei momenti che aveva condiviso con lei, quando era completamente vestita e lui gravemente ferito, era abbastanza da rimescolargli l'addome, col membro che s'induriva senza alcuna buona ragione. Anche se non fossero stati nemici nella guerra per il trono, lei non gli avrebbe mai concesso di avvicinarsi come un maschio fa quando è affascinato da una femmina di valore.

Quella fresca notte d'autunno in cui si erano incontrati sotto quell'albero, lei stava effettuando un valido servizio nella sua mente. Non aveva nulla a che fare con lui.
Ma oh, ciò nonostante la voleva...

All'improvviso, la femmina davanti al fuoco s'inarcò sotto le spinte e l'orgasmo la invase, e Xcor si concentrò su lei. Come se avesse avvertito la sua eccitazione sessuale, il suo sguardo soddisfatto e appannato andò nella sua direzione, e un breve cenno di sorpresa le attraversò il viso-da quel po' che poteva vedere attraverso il massiccio braccio che la stava nutrendo.

Lo stupore le fece spalancare gli occhi. Evidentemente non aveva notato la sua presenza-ma adesso che lo aveva fatto, la paura, e non  la passione, l'aveva investita.
Non volendo interrompere l'azione, lui scosse la testa e le mostrò il palmo della mano lentamente per rassicurarla che non avrebbe dovuto sopportare il suo morso-o, peggio ancora, il suo sesso.

Pareva che il messaggio fosse arrivato, perché il timore lasciò il suo viso, e mentre uno dei suoi soldati gli presentò il suo membro per ricevere attenzione, lei allungò la mano e cominciò ad accarezzargli la grossa testa.

Xcor sorrise a se stesso in modo maligno. Non avrebbe preso questa puttana, e comunque il suo corpo, in tutta la sua stupida biologia, insisteva nel rispondere a quell'Eletta come se quella sacra femmina potesse mai guardare due volte nella sua direzione.

Peccato.

Controllando l'orologio, si accorse con sorpresa che il nutrimento andava avanti già da un'ora. Così sia. A condizione che i suoi uomini si attenessero alle due regole di base, era disposto a lasciarli continuare: dovevano rimanere sostanzialmente vestiti e con le armi addosso, ma senza sicura.

In quel modo, se la situazione fosse cambiata, avrebbero potuto difendersi in fretta.

Era più che disponibile a dar loro del tempo.


Dopo quest'intermezzo? La maggior parte di loro avrebbe ripreso la propria forza completa-e per come si stavano mettendo le cose con la Confraternita... sarebbero stati dove dovevano essere. 

mercoledì 17 luglio 2013

Traduzione Capitolo 16 di Lover at Last di J.R.Ward

Lover at Last

16

"Qualcuno è stato qui."
Mentre Rhage parlava, Qhuinn tirò fuori la sua penna a torcia e indirizzò il discreto fascio di luce sul terreno. Certo, le impronte nella neve erano fresche, non ricoperte da fiocchi leggeri... e puntavano dritti nella radura della foresta. Spegnendo la luce, si concentrò sul capanno da caccia dinanzi a loro, che sembrava abbandonato alle rigide condizioni climatiche: nessuna scia di fumo veniva fuori dal comignolo di pietra, nessun riverbero di luce-e cosa più importante, assolutamente nessun odore.
Si predisposero in cinque, accerchiando la radura e si avvicinarono furtivamente in un ampio angolo d'approccio. Quando videro che non ci fu alcuna azione difensiva, salirono tutti sul basso portico e controllarono l'interno del capanno attraverso le finestre.
"Nada," mormorò Rhage, avvicinandosi alla porta.
Un veloce esame alla maniglia-ed era chiusa a chiave.
Con una spinta, il Fratello premette la massiccia spalla contro i pannelli e li fece volare via, i frammenti della serratura si sparpagliarono insieme alle schegge di legno.
"Ciao, tesoro, sono a casa," urlò Rhage entrando dentro.
Qhuinn e John seguirono il protocollo e rimasero sul portico mentre Blay e Z entrarono in fila e si misero a cercare.
I boschi attorno a loro erano silenziosi, ma gli occhi acuti di Qhuinn seguirono quelle impronte... che, dopo un soggiorno in quella capanna, si erano dirette verso nord ovest.
Il che suggeriva che qualcuno era là fuori con loro, e controllava la proprietà nello stesso momento.
Umani? Lesser?
Stava pensando alla fine, data tutta la merda trovata in quell'hangar-e il fatto che quest'intera proprietà era sperduta, e relativamente sicura proprio per quello.
Sebbene avrebbero voluto chiamare la Stanley Steemer per dare una bella ripulita all'edificio per prima cosa.
La voce di Blay venne fuori dalla porta aperta. "Ho trovato qualcosa."
Ci volle tutto l'allenamento di Qhuinn per non distogliersi dall'ispezione del paesaggio e voltarsi a guardare dentro-e non perché gl'importasse particolarmente qualunque cosa avesse trovato. Durante la loro ricerca, aveva monitorato costantemente Blay, cercando di capire se il suo umore fosse cambiato.
Se qualunque cosa fosse solo peggiorata.
Le voci ammorbidite andarono avanti e indietro nel capanno, e poi loro tre uscirono.
"Abbiamo trovato un forziere," annunciò Rhage, abbassando la cerniera alla giacca e posizionando il sottile contenitore di metallo contro il petto. "Lo apriremo più tardi. Andiamo a trovare il proprietario di quegli stivali, ragazzi."
Smaterializzandosi a cinquanta, sessanta piedi più in là,  si aprirono a ventaglio tra gli alberi, tracciando le orme nella neve, seguendole silenziosamente.
Raggiunsero il lesser mezzo miglio dopo.
L'assassino solitario stava marciando attraverso la foresta ricoperta di neve con un passo che solo un umano con un allenamento olimpionico poteva tenere per più di duecento metri.
Gli abiti erano scuri, aveva uno zaino sulla schiena, e il fatto che si stesse destreggiando a vista da solo era un altro indizio che si trattava del nemico. La maggior parte degli homo sapiens non sarebbe stata capace di muoversi così in fretta con scarsa illuminazione senza una luce portatile a batteria.
Usando i segni delle mani, Rhage indirizzò il gruppo in formazione di triangolo inverso, che accerchiava il tragitto del lesser. Continuando ad avanzare con a lui, l'osservarono per la lunghezza di un campo di football e poi, tutti insieme, si avvicinarono, circondarono l'assassino, e lo bloccarono con le canne delle pistole in opposizione ai punti cardinali.
Il lesser si fermò.
Era una nuova recluta, i capelli scuri e il colorito olivastro indicavano che fosse un messicano o forse di origine italiana, e non mostrava alcuna paura. Nonostante stesse cercando come colpire, diede appena un'occhiata oltre la spalla, come per confermare il fatto che fosse caduto in un'imboscata.
"Che stai facendo?" biascicò Rhage.
Il lesser non si preoccupò di rispondere, il che era in contrasto a tutto ciò che avevano visto fino ad allora.
A differenza degli altri, questo non era un teppistello che parlava di prendere a pugni e tirar fuori il revolver. Calmo, calcolatore... controllato, era il tipo di nemico che incrementava la tua performance di lavoro.
Non esattamente un brutta cosa...
E certo come la morte, la sua mano scomparve nel cappotto.
"Non fare lo scemo, amico," urlò Qhuinn, pronto a piazzare un proiettile al bastardo al minimo accenno di movimento.
Il lesser non si fermò.
Bene.
Lui premette il fottuto grilletto e colpì lo stronzo.

*         *         *

Nell'istante in cui il lesser cadde nella neve, Blay bloccò la sua pistola su di lui. E lo stesso fecero gli altri.
Nei secondi silenziosi che passarono, continuarono a tenere gli occhi fissi sull'assassino a terra. Nessun movimento.
Nessuna risposta nei dintorni. Qhuinn lo aveva reso inerme, e pareva che stesse lavorando da solo.
Strano, anche se Blay non avevo sentito lo sparo col suo orecchio sinistro, sapeva che era stato Qhuinn a sparare-chiunque altro avrebbe dato al nemico un'altra possibilità per ripensarci.
Rhage fischiò di botto, che era il segnale d'avvicinarsi. Tutti e cinque si mossero come un branco di lupi attorno alla preda atterrata, rapidi e sicuri, attraverso la neve con le pistole puntate. L'assassino continuava a essere completamente immobile-ma non c'era stata una morte in famiglia, tanto per dire. C'era bisogno il di un pugnale d'acciaio nel petto per quello.
Ma questa era una condizione più interessante. Volevano che fossero in grado di parlare.
O almeno, nella posizione di essere costretti a parlare-
Più tardi, quando avrebbe rivisto ciò che era successo in seguito... quando la sua mente si era smossa e aveva riproposto i fatti ossessivamente... quando era rimasto in piedi giorni interi provando a mettere insieme i pezzi di come tutto aveva mandato a rotoli le speranze di scoprire un cambio nella procedura che avrebbe assicurato che qualcosa del genere non sarebbe mai e poi mai accaduta di nuovo... Blay avrebbe rimuginato sul tic.
Quel piccolo tic nel braccio. Solo una contrazione involontaria non connessa con nessun pensiero o volontà. Nulla di pericoloso. Nessun segnale di ciò che stava per succedere.
Solo un tic.
All'improvviso, con una mossa velocissima, l'assassino tirò fuori la pistola da non si sa dove. Non si era mai visto prima-un attimo era un peso morto per terra; quello successivo stava sparando in maniera controllata in un ampio circolo.
E ancora prima che il suono degli spari svanisse, Blay vide l'orrenda immagine di Zsadist che si beccava un proiettile giusto nel cuore, l'impatto sufficientemente forte da fermare l'avanzata del Fratello, il torace scosso all'indietro, le braccia strattonate ai lati mentre cadeva in ginocchio.
In un istante, la dinamica cambiò.
Nessuno voleva più interrogare il bastardo.
Quattro pugnali lampeggiarono in contemporanea. Quattro corpi saltarono in aria. Quattro braccia scesero con le lame fredde e taglienti. Quattro colpi impattarono, uno dopo l'altro.
E comunque si mossero troppo tardi.
L'assassino scomparve dinanzi a loro, le armi conficcate nella neve macchiata di nero proprio dov'era prima c'era il nemico, invece che in una cavità toracica vuota.
Vabbè-ci sarebbe stato tempo per domandarsi sulla sparizione senza precedenti in seguito. Al momento, avevano un guerriero a terra.
Rhage si lanciò sul Fratello, sdraiandolo supino, pronto a tentare il tutto per tutto. "Z? Z? Oh, Madre della razza-"
Blay tirò fuori il telefono e fece una chiamata. Quando Manny Manello rispose, non ci fu tempo da perdere. "Abbiamo un Fratello a terra. Colpo d'arma da fuoco al torace-"
"Aspetta!"
La voce di Z fu una sorpresa. E anche il braccio del Fratello che si alzava e spostava Rhage di lato. "Ti levi di dosso?"
"Ma sto per farsi la rianimazione cardio polmon-"
"Morirò prima di baciarti, Hollywood." Z provò a sedersi col respiro pesante. "Non pensarci nemmeno."
"Pronto?" La voce di Manello gli arrivò attraverso il telefono. "Blay?"
"Un attimo-"
Qhuinn s'inginocchiò di fianco a Zsadist, e fregandosene del fatto che il Fratello non volesse essere toccato, si mise sotto l'ascella e aiutò il maschio a tirare su il petto dalla neve.
"Ho la clinica in linea," disse Blay. "Come stai?"
In risposta, Z si slacciò il fodero del pugnale. Poi abbassò la cerniera della giacca di pelle e strappò la maglia bianca a metà.
Per mostrare il più bel giubbotto antiproiettile che Blay avesse mai visto.
Rhage disse una scemenza sollevato-a quel punto Qhuinn lo prese con la mano libera e tirò Z in piedi.
"Kevlar," borbottò Blay a Manello. "Oh, grazie a Dio, indossa un Kevlar."
"È fantastico-ma ascolta, ho bisogno che tu gli tolga il giubbotto e controlli il proiettile, va bene?"
"Certo." Guardò John e fu contento di vedere che il ragazzo era in piedi, con le pistole ben tese, gli occhi che controllavano l'ambiente circostante mentre loro facevano il punto sulla situazione. "Ci penso io."
Blay si fece spazio e si abbassò di fronte al Fratello. Qhuinn aveva avuto due palle così a toccare Zsadist, ma lui non l'avrebbe fatto senza la sua autorizzazione.
"Il dottor Manello vuole sapere se posso toglierti il giubbotto e vedere se c'è qualche ferita."
Z contrasse le braccia e poi aggrottò la fronte. Doveva fare un altro tentativo. Al terzo, le mani del Fratello cominciarono ad alzarsi verso gli strappi in velcro, ma non fecero granché.
Blay deglutì forte. "Posso farlo io? Ti prometto che ti toccherò il meno possibile."
Grande grammatica. Ma era serio.
Gli occhi di Z si alzarono nei suoi. Erano neri dal dolore, non gialli. "Fai ciò che devi, figliolo. Terrò duro."
Il Fratello guardò altrove, il volto contorto in una smorfia, la cicatrice a forma di S che partiva dal ponte del naso e arrivava all'angolo della bocca era in rilievo.
Con una tirata d'orecchi, Blay costrinse le sue mani a essere ferme e sicure, e il messaggio in qualche modo arrivò. Aprì velocemente le fasce sulle spalle, il rumore degli strappi era più forte di un urlo nella sua testa, e poi sfilò via il giubbotto, terrorizzato da ciò che avrebbe trovato sotto.
C'era una grande toppa rotonda proprio al centro dell'ampio e muscoloso torace di Z. Esattamente sul cuore.
Ma era un livido. Non un foro.
Era solo un livido.
"Solo una ferita superficiale." Blay spinse un dito nella cinghia del giubbotto e trovò il proiettile. "Lo sento nelle fibre del-"
"E allora perché non riesco a muovere il mio-"
L'odore del sangue fresco del Fratello sembrò colpire il naso di tutti allo stesso momento. Qualcuno bestemmiò e Blay s'inclinò in avanti.
"Sei stato colpito anche sotto il braccio."
"È brutta?" chiese Z.
Ancora al telefono, Manello disse, "Avvicinati e dai un'occhiata intorno."
Blay alzò l'arto pesante e accese la penna a torcia guardando sotto. Apparentemente un proiettile era entrato nel torace attraverso la piccola tasca non protetta del giubbotto sotto al foro-un colpo da uno su un milione, che se avessi cercato di ripetere, non ci saresti mai riuscito.
Cazzo. "Non vedo il foro d'uscita. È proprio al lato del costato, in alto."
"Il respiro è costante?" chiese Manello.
"Affaticato, ma costante."
"Gli è stata somministrata la rianimazione cardio polmonare?"
"Ha minacciato di castrare Hollywood se ci fosse stato un qualsiasi contatto bocca a bocca."
"Okay, fatemi smaterializzare." Z fece un piccolo colpo di tosse. "Fatemi spazio-"
Tutti offrirono una varietà di opinioni a quel punto, ma Zsadist non ne ascoltò nessuna. Facendosi largo, il Fratello chiuse gli occhi e...
Blay sapeva che avevano un vero problema quando non accadde niente. Sì, Zsadist non era stato ucciso, e stava dannatamente meglio di quanto lo sarebbe stato senza portare il giubbotto antiproiettile. Ma non poteva muoversi- ed erano nel mezzo del nulla, così nascosti nei boschi che se anche avessero chiamato rinforzi, nessuno sarebbe stato capace di portare un SUV a miglia da loro.
E peggio ancora? Blay sentiva che l'assassino che avevano abbattuto era qualcosa di molto di più del solito lesser.
Non c'era modo di sapere quando sarebbero arrivati i rinforzi.
Si sentì il suono di un messaggio in arrivo sul telefono di qualcuno, e Rhage guardò in basso. "Merda. Gli altri sono impegnati in centro. Dobbiamo sbrigarcela da soli."
"Maledizione," mormorò Zsadist con sforzo.

Sì. Era esattamente tutto ciò che c'era da dire.